Specula Revista de Humanidades y Espiritualidad

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MONACHE DI AREA FRANCESCANA QUALCHE RIFLESSIONE NON SOLTANTO LESSICALE

NUNS OF THE FRANCISCAN AREA SOME REFLECTIONS, NOT JUST LEXICAL

Alfonso Marini1

Fechas de recepción y aceptación: 31 de mayo de 2022 y 30 de octubre de de 2022

DOI: https://doi.org/10.46583/specula_2023.1.1084

Riasunto: L’articolo discute alcune concezioni storiografiche correnti sulle pauperes moniales inclusae e sull’Ordine di San Damiano, analizzando fonti agiografiche e liturgiche e considerando i dati di recenti ricerche sui monasteri femminili. Anche se l’iniziativa di una nuova aggregazione di monasteri femminili si deve al cardinale Ugolino di Ostia (poi papa Gregorio IX, 1227-1241), è difficile negare che nel corso degli anni, a partire già dalla fine del terzo decennio del Duecento, nelle opere dei frati Minori si parlasse di secondo Ordine iniziato da Francesco d’Assisi, di cui Chiara era la prima pianta. La documentazione sui monasteri mostra, poi, che non soltanto Chiara e poche altre monache si sentissero legate ai Minori, anche se la concezione pratica della povertà fosse tra loro diversa. Recenti studi, infine, hanno dimostrato che varie comunità claustrali rifiutarono il passaggio all’Ordo Sanctae Clarae nel 1263, mantenendo per tutto il Duecento e nei primi decenni del Trecento la vecchia formula vitae di Ugolino e la denominazione di Ordo Sancti Damiani. Risulta quindi corretto parlare di monache di area francescana.

Parole chiave: Monache, francescane, povertà, regola, Ordine

Abstract: The article discusses some current historiographical concepts on pauperes moniales inclusae and on the Order of San Damiano, analyzing hagiographic and liturgical sources and considering the data of recent research on female monasteries. Although the initiative for a new aggregation of female monasteries is due to Cardinal Ugolino of Ostia (later Pope Gregory IX, 1227-1241), it is difficult to deny that, starting as early as the end of the third decade of the thirteenth century, in the works of the Friars Minor there was talk of the second Order initiated by Francis of Assisi, of which Clare was the first plant. The documentation on the monasteries shows, then, that not only Clare and a few other nuns felt connected to the Minors, even if the practical conception of poverty was different among the nuns. Lastly, recent studies have shown that various cloistered communities refused the passage to the Ordo Sanctae Clarae in 1263, maintaining the old Ugolino’s formula vitae and the Ordo Sancti Damiani denomination throughout the thirteenth and early decades of the fourteenth century. It is therefore correct to speak of nuns in the Franciscan area.

Keywords: Nuns, Franciscans, poverty, rule, Order

Gli studi sulle comunità femminili variamente legate alla storia dell’Ordine dei Frati Minori si sono molto rinnovati dalla fine del Novecento, stimolati anche dalle celebrazioni pet l’ottavo centenario della nascita di Chiara d’Assisi (1194-1994). Per dirla in breve, si superò la tradizionale visione dei tre Ordini fondati da Francesco d’Assisi, ritenendo il rapporto di Chiara con Francesco un unicum e riportando la nascita di un nuovo Ordine monastico femminile a Ugolino o Ugo2, cardinale vescovo di Ostia, attorno agli anni Venti del XIII secolo. Questo Ordine vide l’ingresso di Chiara nel 1228, sempre su spinta di Ugolino divenuto nel frattempo papa Gregorio IX (1227-1241)3.

L’intento del papa era quello di dare al nuovo Ordine (Ordo o religio pauperum monialium inclusarum) un riferimento forte alla figura del nuovo santo Francesco, morto nel 1226 e canonizzato proprio nel 1228, inserendovi Chiara e dando ad esso, dalla metà degli anni Trenta, il nome del monastero assisiate in cui la plantula di Francesco era stata posta dallo stesso santo: Pauperes moniales inclusae o ancillae inclusae o sorores inclusae Ordinis sancti Damiani. Nel Bullarium franciscanum (I, 1759, p. 124) la prima menzione dell’Ordo Sancti Damiani si ha nel 1234 nell’inscriptio della lettera di Gregorio IX Ille dulcissimus alle monache di Burgos (I, 1759, p. 24)4. La denominazione Pauperes dominae non compare nell’inscriptio delle lettere papali, ma era comunque in uso anche ufficiale, poiché si trova nel corpus della lettera di Gregorio IX dello stesso anno alle monache di San Sebastiano in diocesi di Alatri (Bullarium franciscanum, I, 1759, p. 140, col. B, d), in quella dello stesso papa del 1236 alle monache di Santa Maria de Monte Mascarano in diocesi di Todi (Bullarium franciscanum, I, p. 208 b) e nella lettera di Innocenzo IV del 1245 in cui il papa trasmette a tutte le moniales inclusae dell’Ordine di San Damiano la regola di Ugolino (Bullarium franciscanum, I, p. 396, col. A, riga 47): la denominazione risale quindi alla Forma vivendi del cardinale Ostiense (Costituzioni ugoliniane)5 e si ricollega al primitivo ordine organizzato da lui, quello pauperum dominarum de Valle Spoletana sive Tuscia.

1. INTERPRETAZIONE STORIOGRAFICA ATTUALE

Al momento dell’entrata del monastero assisano di San Damiano nell’Ordine le pauperes moniales inclusae contavano già quasi trenta monasteri, molti dei quali non avevano avuto rapporti con Francesco o con Chiara e le cui monache non erano legate ai valori e alla prassi della povertà minoritica. Per di più, l’Ordine di San Damiano conservava le normative del precedente Ordine femminile, cioè le Costituzioni redatte da Ugolino (Costituzioni Ugoliniane) che - secondo le disposizioni del canone XIII del Concilio Lateranense IV (1215) - accompagnavano la regola di riferimento, quella benedettina. In questa normativa non c’erano norme specifiche sull’osservanza della povertà, tranne un generico riferimento iniziale a “vitam pauperem ducere” (Omaechevarria, 1982, p. 215); quindi i monasteri potevano possedere e accettare donazioni senza alcun limite, situazione nella quale si trovò la maggior parte dei cenobi che entrarono a far parte dell’Ordine di San Damiano. Di fronte a ciò, Chiara – che avrebbe dovuto osservare la normativa benedettino-ugoliniana - ottenne da Gregorio IX un privilegio di povertà, cioè la facoltà di rinunciare al possesso di beni (1228), e si adoperò per il resto della sua vita alla redazione di una nuova regola che facesse riferimento a quella dei Frati Minori e con esplicita norma di povertà, con l’appoggio di alcuni monasteri di ispirazione francescana, soprattutto quello praghense di Agnese di Boemia. La regola di Chiara fu approvata da Innocenzo IV (1243-1254) nel 1253, due giorni prima della morte della santa, che fu canonizzata nel 1255 da Alessandro IV (1254-1261). Tuttavia questa Forma vitae – prima regola per congregazioni femminili scritta da una donna – fu seguita soltanto a San Damiano e da pochi altri monasteri che ne fecero richiesta.

Ciò indica che il riferimento agli ideali francescani e alla regola dei Frati Minori non erano nelle intenzioni della maggioranza delle monache damianite. Né la situazione cambiò quando Urbano IV (1261-1264) volle trasformare l’Ordo Sancti Damiani in Ordo Sanctae Clarae nel 1263, promulgando una nuova regola, da lui redatta con la bolla Beata Clara del 15 ottobre (Bullarium Franciscanum II, 1761, XCVIII, pp. 509-521). Caratteristica di questi due Ordini dovuti all’iniziativa di due papi non era la povertà, ma la clausura.

Questo è il quadro dell’interpretazione storiografica attuale, con poche eccezioni o variazioni (Freeman, 2014). Va aggiunto che negli ultimi anni si è evidenziata la non linearità e non uniformità dello sviluppo del nuovo Ordine femminile, anzi dalla metà del Duecento si assiste ad un frammentarsi delle regole e delle denominazioni. Se le Damianite erano dette per lo più dominae o moniales inclusae, Chiara nella sua regola adottò il nome di sorores pauperes. Nel 1255 venne approvata una nuova regola per il monastero di Longchamps delle sorores minores. Le denominazioni si avvicinavano dunque a quelle dei fratres minores. La fondazione dell’Ordo Sanctae Clarae non portò all’eliminazione delle regole precedentemente approvate – nonostante l’intenzione espressa di Urbano IV - sicché si trovano nella seconda metà del Duecento e nel primo Trecento ancora monasteri dell’Ordine di San Damiano, altri seguirono la regola delle sorores minores, pochissimi quella di Chiara (che divenne invece scelta da moltissimi monasteri femminili dell’Osservanza nel Quattrocento). Non scompare del tutto nemmeno la regola che Innocenzo IV promulgò nel 1247 per l’Ordine di San Damiano, nella quale si faceva riferimento non più alla regola benedettina, ma a quella minoritica, regola che in pratica non ebbe alcun seguito, tantomeno da parte di Chiara e delle monache vicine ai Minori, dato che il problema della povertà e dei possessi non era risolto. Insomma, nel variegato mondo religioso femminile permanevano inquietudini e opzioni differenziate. Resta però la convinzione storiografica che tra questi monasteri poche fossero le monache legate alla tradizione minoritica e che comunque Francesco d’Assisi nulla abbia avuto a che fare con la nascita di un Ordine femminile francescano e ben poca influenza abbia avuto su di esso, anche post mortem tramite la lunga battaglia di Chiara.

2. OSSERVAZIONI SULL’INTERPRETAZIONE ATTUALE

Freeman (2014) ha cercato di cambiare questo quadro presentando elementi condivisibili, meno per quanto concerne un precoce inserimento di Chiara nel piano ugoliniano e una sua adesione alla forma di vita proposta dal cardinale, posizione non condivisa dalla maggioranza degli storici.

Senza contestare questa acquisizione storiografica, che io stesso ho seguito nei miei studi di ambito clariano (Marini, 1997, pp. 179-195), mi pongo però alcune domande.

In base a quanto esposto, si tende oggi a respingere la definizione di “monasteri femminili francescani”. Tuttavia – a mio avviso – va fatta una distinzione: il problema della fondazione dell’Ordine delle Pauperes dominae inclusae (poi dell’Ordo Sancti Damiani) non va confuso con quello dei loro rapporti con i Minori e delle caratteristiche che vennero a prendere negli anni. Credo che, anche se non si voglia parlare di “monache di ispirazione francescana”, si possa e si debba parlare almeno di “monache di ambito francescano”. Si tratta di una definizione, ma non di un problema nominalistico.

L’Ordine di San Damiano indubbiamente non fu fondato da Francesco, ma i papi più volte ne affidarono la cura ai Minori, già dagli anni Venti, come mostra il fatto che Gregorio IX nella bolla Quo elongati (1230) avocò a sé la scelta dei visitatori, alleggerendo i frati da tale incombenza e provocando le proteste di Chiara6. La cosa si trascinò per tutto il secolo XIII, finché Bonifacio VIII (1294-1303) affidò definitivamente la cura dell’Ordo Sanctae Clarae ai Minori. Molto spesso il cardinale protettore dei Minori lo fu anche delle monache, come nel caso di Rinaldo (poi papa Alessandro IV) che diede una prima approvazione alla regola di Chiara nel 1252. Si può dire che queste scelte furono dei papi, non delle monache, ma comunque non si può ignorare questo aspetto, questa relazione tra Minori e i monasteri delle Pauperes dominae.

Se è vero che la maggioranza dei monasteri non si dava problemi quanto alla povertà, pure va notato che alcuni di essi ebbero indubbi contatti con frati minori. Escludendo quelli che nella tradizione dei decenni successivi furono collegati alla fondazione o al passaggio di frate Francesco, Filippa Mareri (m. 1236), che aveva autonomamente fondato una comunità femminile a Borgo S. Pietro7, fu avvicinata al mondo minoritico da un frate minore, Ruggero, “padre spirituale” secondo la sua legenda risalente all’ultimo ventennio del Duecento, se non addirittura da Francesco, come sostiene ancora la legenda; questo monastero nelle bolle papali viene detto dell’Ordo pauperum monialium inclusarum, poi dell’Ordo Sancti Damiani (Marini, 2007, pp. 69-86).

Tradizionalmente si lega alla spiritualità minoritica di Chiara il monastero di Monticelli presso Firenza, di cui fu badessa Agnese, sorella della santa; Monteluce di Perugia ottenne il privilegium paupertatis nel 1229 (anche se dal 1232 acquisì possessi) (Felicetti, 1995, pp. 553-642); nel 1238 ottenne il privilegium il monastero di San Francesco di Praga, la cui badessa era la principessa Agnese (Marini, 1991, pp. 75-76). Si aggiunga San Cosimato a Roma, dato da Gregorio IX nel 1233 alle Pauperes dominae, che tradizionalmente si ritiene inviate da Chiara. Che esistessero le sorores minores è indubbio dalla lettera di Jacques de Vitry del 1216 da Genova (Lettres de Jacques de Vitry 1960, I, pp. 71-78). È difficile pensare che nessuno di questi gruppi sia confluito nei monasteri .

Fin qui, però, si tratta di pochi esempi, che confermano che Chiara era in minoranza nell’Ordine di San Damiano. Tuttavia sono esempi significativi. Si vedrà che il quadro è però più ampio.

3. FONTI AGIOGRAFICHE E LITURGICHE SU FRANCESCO E CHIARA

Vanno prima esaminate le fonti agiografiche e liturgiche su san Francesco, poiché non si possono ignorare le loro compatte affermazioni. Mi riferisco alle più antiche, tralasciando quelle del tardo Duecento e del Trecento, nelle quali la celebrazione panfrancescana è già sedimentata. Vi è un’uniformità, un insistente ritornello che corre dalla Vita beati Francisci. Analecta Franciscana di Tommaso da Celano del 1229 (d’ora in poi 1Cel, Analecta Franciscana, 1926-1941, pp. 1-115) alla Legenda maior di Bonaventura del 1263 (Leg. Maior, pp. 557-652), passando per Giuliano da Spira negli anni Trenta (Vita sancti Francisci e Officium rhythmicum), la Compilatio Assisiensis (Comp. Ass., 1992) e la Legenda trium sociorum (Leg3Soc, 1974, pp. 38-144) basate su testi del 1246, Vita beati patris nostri Francisci degli anni Trenta (2015, Vita brevior) e Memoriale del 1247 (Vita secunda, 1926-1941), le altre due opere agiografiche su Francesco di Tommaso da Celano (Vita brevior degli anni Trenta e Memoriale del 1247), nonché per alcuni testi del corpus clariano8.

Partiamo da 1Cel. Ai nn. 18-20, narrando della riparazione della chiesetta di San Damiano, Tommaso fa una nota digressione su Chiara e le compagne, che in quella chiesa dimoravano da oltre quindici anni.

Hic est locus ille beatus et sanctus, in quo gloriosa religio et excellentissimus Ordo pauperum dominarum et sanctarum virginum, a conversione beati Francisci fere sex annorum spatio iam elapso, per eundem beatum virum felix exordium sumpsit; in quo domina Clara, civitate Assisii oriunda, lapis pretiosissimus atque fortissimus caeterorum superpositorum lapidum exstitit fundamentum9.

Nella prima biografia di Francesco, dopo soli tre anni dalla sua morte e uno dalla sua canonizzazione, sono presenti delle affermazioni che si rincorreranno - a volte con qualche variante - nelle agiografie e nelle cronache successive: San Damiano è all’origine di un Ordine religioso che prese inizio da Francesco, Chiara è il fondamento di questo Ordine, di cui si riporta la denominazione corretta: Pauperes dominae. A conclusione della digressione, Tommaso – che scrive su commissione di Gregorio IX - in qualche modo contraddice una di queste sue affermazioni, scrivendo che queste monache “a domino papa Gregorio, tunc temporis Ostiensi episcopo, susceperunt” la vita e l’institutio (1Cel 20, pp. 17-18). Ma più avanti, narrando di quando il corpo di Francesco morto fece sosta a San Damiano l’agiografo ribadisce la centralità del santo e di Chiara non solo per il monastero di San Damiano, ma per tutto l’Ordine delle Pauperes dominae:

Cumque [il corpo di Francesco] … perventum esset ad locum in quo religionem et ordinem sacrarum virginum et Dominarum Pauperum ipse primo plantavit… Et ecce domina Clara, quae… prima planta huius sancti Ordinis fuit (1Cel, 116, pp. 91-92).

Si noti che Chiara è ancora viva, e lo sarà anche quando verranno scritte quasi tutte le opere che prenderemo in esame. Si consideri anche che lei si definiva plantula sancti Francisci, mentre in molte di queste opere viene definita planta o plantula delle sue monache.

Condensando la sua Vita beati Francisci negli anni Trenta, Tommaso riporta questo suo brano, senza però alcun riferimento a Gregorio IX quale fondatore:

Hic est locus ille in quo gloriosa religio Pauperum dominarum, a conversione beati Francisci fere sex annorum spatio iam elapso, per eundem beatum viro felix sumpsit exordium (Vita brevior, 2015, Lectio VII, p. 39).

Uguale ripetizione nel racconto del corpo di Francesco a San Damiano:

Cumque filii pium patrem portarent et ad locum venisent [sic] in quo religionem Pauperum dominarum primo ipse plantavit… ecce domina Clara, que … prima planta huius sancti Ordinis fuit… (Vita brevior, 2015, Lectio VII, pp. 65-66).

Ma c’è di più. Nella Vita brevior Tommaso, prendendo come figura il restauro di tre chiese da parte di Francesco, afferma che il santo fu il fondatore di tre Ordini, cosa non presente nella Vita beati Francisci10.

Tres ordines beatus iste sanctus ordinavit, sicut in tribus ecclesiis quas fecerat primitus, licet eo ignorante, fuerat figuratum, unicuique tribuens vite normam et salutis viam veraciter monstrans. Egregius nempe artifex, ad cuius formam, regulam et doctrinam, offerendo preconio, in utroque sexu Christi renovatur Ecclesia et trina triumphat militia salvandorum (Vita brevior, 2015, 18, p. 43).

Giuliano da Spira nella Vita sancti Francisci presenta tutti e tre i passi della Vita brevior, ma nella digressione sulle monache di San Damiano aggiunge una specificazione non presente nelle due opere di Tommaso: la Dominarum virginumque sanctarum religio, fondata da Francesco (nessun riferimento a Gregorio IX), “Dominus per diversas Italiae partes magnifice dilatavit”11. Il che significa che l’opera di fondatore di Francesco vale non soltanto per il monastero di San Damiano, ma per tutti i monasteri italiani di queste monache12.

Ancora tornano le Pauperes dominae come figlie di Francesco e Chiara come prima loro pianta nell’episodio della sosta del corpo di Francesco a San Damiano13.

Ancora più esplicito Giuliano anche per il fondatore di tre Ordini:

Non hoc arbitror absque dignioris rei mysterio gestum, quod videlicet iste sanctus tres ecclesias supradictas erexit; at illud nimirum nutu Dei praevio per hoc existimo figuratum, quod et ipse vir simplex mirabiliter adimplevit, qui tres celebres ordines, de quibus suo loco vel breviter tangendum est, inchoans, ipsos ad perfectionis statum vita verboque provexit (no 1Cel, ma Vita sancti Francisci, 14, pp. 341-342).

Più avanti, Giuliano appella direttamente gli Ordini primo, secondo e terzo14. E ribadisce Francesco fondatore dei tre ordini quando parla della visione del carro di fuoco15. Lo stesso afferma nell’ Officium rhythmicum:

Tres Ordines hic ordinat:

primumque fratrum nominat

Minorum pauperumque

fit Dominarum medius,

sed Poenitentum tertius

sexum capit utrumque16.

A metà degli anni Quaranta, su richiesta del ministro generale Crescenzio da Jesi, vengono redatte altre opere sul Padre fondatore. Dei materiali inviati al ministro rimane testimonianza della Comp. Ass. e nella Leg3Soc, redatte più tardi. Nella prima, opera dei compagni più vicini a Francesco, che si identificano come “nos qui cum illo fuimus”, vi è un solo riferimento utile alla presente ricerca. Narrando della cosiddetta ultima voluntas di Francesco inviata per scritto alle sorelle di San Damiano poco prima della morte, si cita “domina Clara, Ordinis sororum prima plantula, abbatissa sororum pauperum monasterii Sancti Damiani de Assisio” (Comp. Ass. 13, p. 42). La citazione è breve ma molto significativa, perché estremamente precisa, indizio di vicinanza alla santa da parte dei frati autori della testimonianza. Chiara è badessa del monastero di San Damiano, ma anche prima pianta dell’Ordine. Il quale non viene chiamato delle Pauperes dominae, ma delle Sorores.pauperes, denominazione che effettivamente Chiara utilizzò nella sua regola, approvata nel 1253, ma che proprio a metà degli anni Quaranta stava elaborando.

La Leg3Soc è più ricca di episodi, che ripercorrono narrazioni già presenti nelle agiografie precedenti, ma apportandovi elementi nuovi.

Il racconto della profezia di Francesco mentre ripara San Damiano sulle monache che vi abiteranno deriva da 1Cel 18-20. Chiara però non viene nominata, l’Ordo Pauperum dominarum “per eundem beatum Franciscum felix sumpsit exordium” e alla fine, a differenza di Tommaso, il quale aveva affermato che le monache avevano preso (susceperunt) la loro istituzione da Gregorio IX, la Leg3Soc sostiene che tale istituzione fu plenius confirmata dal papa17.

A conferma che non si riferisca soltanto a San Damiano, la Leg3Soc scrive che molte vergini e vedove, seguendo il consiglio dei frati, “per civitates et castra monasteriis ordinatis recludebant se ad poenitentiam faciendam”. Nello stesso brano si parla di Francesco, cultore della santa Trinità, fondatore di tre Ordini, figurati dalle tre chiese restaurate, dei quali “quilibet tempore suo fuit a summo pontifice confirmatus”18.

In conclusione è ribadito che, anche dopo la morte di Francesco, “etiam multi magni et nobiles cum filiis suis habitum sui ordinis susceperunt, reclusis propriis uxoribus et filiabus suis in monasteriis Pauperum dominarum” (Leg3Soc, 73, p. 144., simile in De inceptione, 47b, p. 104).

In questi brani, sia la Leg3Soc sia il De inceptione fanno anche riferimento a un frate minore che “constitutus fuit visitator et corrector” delle Pauperes dominae. Si tratta di frate Filippo Longo, ricordato nella lettera di Greccio del 1246, che nei mss è posta in inizio della Leg3Soc19. Ciò stabilisce un ulteriore elemento di stretti rapporti tra i Frati Minori e le Pauperes dominae di vari monasteri, peraltro anch’esso molto noto. Si tratta di un incarico che Filippo ebbe molto precocemente, prima del 1220 stando alla Chronica di Giordano da Giano. Secondo questo frate, che scrive i suoi ricordi attorno al 1262, Filippo, zelator Pauperum dominarum, in assenza di Francesco sarebbe andato oltre i suoi compiti, chiedendo alla Sede Apostolica privilegi per le monache, provocando così (in concomitanza ad altre innovazioni introdotte dai frati) l’irritazione del fondatore, che tornò precipitosamente dall’Oriente nel 1219 e che nel capitolo generale del 1220 si dimise da capo dell’Ordine20.

Nel 1247, facendo tesoro delle notizie giunte da varie parti, Tommaso da Celano si rimise all’opera e compose il Memoriale, nel quale, come è noto, per lo più non vengono ripetuti episodi già narrati nelle sue opere precedenti su Francesco. Torna però l’accenno alla riparazione della chiesetta di San Damiano che sarebbe andata alle monache. Tommaso non aveva conosciuto l’episodio del Crocifisso che in quella chiesa parlò a Francesco, lo apprende dalla Leg3Soc 13 e nel Memoriale lo riporta ai nn. 10-11. Più avanti, al cap. CLV, senza ripetere la profezia di Francesco narrata in 1Cel 18, egli scrive che non è possibile che l’invito del Crocifisso si riferisse solo alla riparazione della quella chiesa, “pro perituro et labenti opere”, ma che si trattava di un altro annuncio profetico: “Ordo sanctarum virginum ibi debebat institui” (Memoriale, 1926-1941, 204, pp 247-248). Anche qui si indica un Ordine, non un singolo monastero.

La denominazione di tale Ordine si trova nel titolo del cap. CLV, De Pauperis dominabus. Nel capitolo successivo Francesco rimprovera due frati che avevano rapporti con i monasteri femminili (1926-1941, cap. CLVI, 206, pp. 248-249) ovviamente quelli delle Pauperes dominae, dato che Tommaso di queste sta trattando. Si tratta di un altro segno dei rapporti dei monasteri delle Pauperes dominae con i Minori.

Nella Leg. Maior si ritrovano gli elementi e i lemmi presenti nelle opere precedenti, con Chiara, ormai canonizzata (1255), prima pianta e madre delle Pauperes dominae, convertita, come le altre (inter quas), da Francesco:

Convertebant etiam virgines ad perpetuum coelibatum, inter quas virgo Deo carissima Clara, ipsarum plantula prima praefulgida, tamquam flos vernans et candidus odorem dedit et tamquam stella paefulgida radiavit. haec nunc glorificata in caelis, ab ecclesia digne veneratur in terris, quae filia fuit in Christo sancti patris Francisci pauperculi et mater Pauperum dominarum (Leg. Maior, 1926-1941, 4, 6, pp. 573-574).

Resta infine da dare uno sguardo al Corpus clariano.

L'inizio della regola – forma vitae - di Chiara afferma con ogni evidenza che lei pensava a un Ordine, detto delle Sorores pauperes, istituito da Francesco:

Forma vitae Ordinis sororum pauperum quam beatus Franciscus instituit (Regula sanctae Clarae, ed. 1978, p. 344).

In fine Chiara inserisce come norma che il visitatore sia sempre un frate minore, così come il cappellano, e che il cardinale protettore delle monache sia lo stesso dell’Ordine di Frati Minori (Regula sanctae Clarae, ed. 1978, cap. 12).

Due testimoni del Processo di canonizzazione parlano di Ordine di cui Chiara fu la prima.

Terza testimonia, Sora Philippa de Leonardo de Gislerio: “madonna Chiara, la quale fu prima madre et abbadessa del monastero de Sancto Damiano et fu la prima in epso ordine” (Santa Chiara di Assisi 2003, 31, p. 124).

Quarta testimonia, Sora Amata de messere Martino: “el Signore previdde che la prima in quello ordine fusse tanto sancta… Fo nobile de progenie secondo la carne, ma fo molto più nobile nella observantione de la sancta religione et Ordine suo” (Santa Chiara di Assisi 2003, 17, p. 134).

La Legenda di santa Chiara, opera ormai attribuita sicuramente a Tommaso da Celano (Guida, 2010), parla di vari monasteri. Dietro Chiara:

mulieres undique currunt… nobiles et illustres, amplis contemptis palatiis, arta sibi monasteria construunt (Legenda latina sanctae Clarae virginis Assisiensis, Ed. 2001, pp 112-114).

Infine avanti la benedizione di Chiara, testo di non sicura autenticità (ne accennerò più avanti), presenta la benedizione biblica di Num. 6, 24-2621, volta al plurale;

Benedicat vobis Dominus… et omnibus quae venturae sunt et permanserint in hoc nostro collegio et omnibus aliis quae in toto Ordini perseveraverint usque in finem in hac sancta paupertate (Benedictio sanctae Clarae, 5, Opuscula S. Francisci et scripta S. Clarae Assisiensium, 1978, p. 404).

Fin dal 1229, dunque, le fonti sono concordi nell’attribuire la centralità di Chiara nell’Ordo Sancti Damiani, considerandone Francesco il fondatore.

Ovviamente non si può fare una lettura ingenua, questa concordanza non indica davvero la realtà dei fatti. Si sa che gli Ordini religiosi hanno una politica di autoattribuzione di persone e meriti22. Ma è evidente che dalla fine degli anni Venti gli agiografi minoritici possono affermare ciò, con precisione di linguaggio, riferendosi sempre alle Pauperes dominae, mentre la Comp. Ass., opera dei compagni vicini a Francesco e Chiara, parla di Sorores pauperes, come nella regola della santa.

Se questa attribuzione fosse stata fatta decenni dopo, tra fine Duecento e Trecento, non avrebbe alcun significato. Ma essa viene fatta contemporaneamente allo sviluppo dei monasteri femminili, essendo ancora viva Chiara. Ciò non ha rilevanza quanto all’individuazione del fondatore, ma lo ha quanto alla coscienza dei Minori e delle monache. L’Ordine sarà stato pure di Ugolino, ma veniva ormai propagandato come legato a Francesco e a Chiara, a partire dall’agiografia del 1229 commissionata dallo steso Gregorio IX.

Proprio alla metà degli anni Trenta Chiara inizia la sua combattiva richiesta di una regola diversa da quella benedettino-ugoliniana e lo fa insieme alla badessa di un altro monastero, quindi non solo per il suo San Damiano; nella controversia si inserisce anche il re di Boemia, fratello di Agnese (Marini, 2010, p. 73; 2013 p. 36). Un po’ troppo se si fosse trattato del destino di due monasteri soltanto. Probabilmente la maggioranza delle fondazioni delle Pauperes dominae non partecipava alla controversia e alla ricerca, ma esse difficilmente la ignoravano e le agiografie di Francesco, che facevano del loro Ordine una realtà francescana, circolavano in Italia e in Europa, dato che Giuliano da Spira scrisse a Parigi per i frati dello studium.

Chiara scrive una regola per le sorelle povere, non solo per San Damiano, anche se Innocenzo IV la approverà per il suo monastero, ma anche per quelli che ne avrebbero fatto richiesta, come ancora quello praghense di Agnese. Nell’intenzione di Chiara, dunque, non vi era un orizzonte limitato; la sua Benedizione è eloquente nel benedire tutte le sorelle di ogni parte. Si può correttamente obiettare che vi sono dubbi sulla sua autenticità, ma gli studi degli ultimi anni hanno mostrato che, anche se – come il testamento - non fosse del tutto autentica, si tratterebbe di un testo non successivo di secoli bensì al massimo elaborato nel monastero di san Damiano pochi anni dopo la morte di Chiara, su una base a lei risalente. Quindi, ancora una volta, non si sta parlando di autenticità diplomatica, ma di autocoscienza delle monache.

4. IL PROBLEMA DELLA POVERTÀ

Infine, è vero che – a quanto si sa – pochi monasteri risultano legati agli ideali di povertà di Chiara, tanto che pochissimi ne adottarono la regola del 1253. Tuttavia le ricerche degli ultimi anni permettono di ampliare l’orizzonte oltre i cenobi più noti inseriti dalla storiografia nel circuito “clariano”, cioè di quei monasteri che con la santa di Assisi condividevano gli ideali e la prassi di povertà. Si vede così che alcune comunità di damianite rifiutarono la regola di Urbano IV, rimanendo legate anche nella denominazione all’Ordo Sancti Damiani: ve ne sono vari esempi in Italia settentrionale e soprattutto meridionale, anche in esplicita opposizione agli interventi papali23. Nel 1266 Clemente IV lamenta che molte monache preferiscano le regole di Ugolino o di Isabella a quella di Urbano IV (Bullarium franciscanum, III, 1765, p. 82). Probabilmente queste monache vedevano nella regola urbaniana, nonostante il richiamo a Chiara, una possibilità eccessiva di possesso di beni, laddove le vecchie norme ugoliniane – o almeno le lettere papali che accompagnavano le concessioni - ne riportavano la proprietà alla Sede Apostolica. Si tratta di un’ipotesi, ma indubbiamente l’inquietudine toccò non soltanto Chiara, Agnese e poche altre, ma vari monasteri e in un tempo prolungato24. Se ne dà un elenco.

In Piemonte sono censiti cinque monasteri, due di questi portano elementi alla nostra ricerca. S. Serafia di Tortona (fondato prima del 1228) nel 1244 risulta non avere alcun possesso, sulla base di una lettera di Innocenzo IV (Romanelli, 2011, pp. 714-716). Più interessante il caso di S. Pietro di Cavaglietto di Novara (che mutò denominazione in S. Nazaro, S. Domenico e infine S. Agnese), fondato nel 1253. Poco dopo la fondazione si scatenò un dissidio per la regola tra le monache, che provocò insulti e aggressioni reciproche e l’intervento nel 1255 di Alessandro IV, che stabilisce che le monache seguano “beati Benedicti regulam et institutionem monialium inclusarum Sancti Damiani asisinatensis et formulam vite vestre a felicis recordationis Gregorio papa predecessore nostro ordini vestro traditam”. Nel 1263 le monache ricevono la regola di Urbano IV, ma si scindono, separandosi anche come edificio: da una parte con la badessa che la rifiuta, dall’altro con la priora che l’accetta. La cosa si risolse soltanto verso il 1270 (Romanelli, 2011, pp. 724-737).

In Liguria, su sei monasteri, si ha il caso di S. Margherita della Costa di Granarolo presso Genova. Nel 1290 Niccolò IV chiede al patriarca di Antiochia Opizzo Fieschi, amministratore della chiesa di Genova, di integrare nell’Ordo Sanctae Clarae o in altro ordine le religiose che ancora non avevano una regola (Romanelli, 2011, pp. 197-198). Poteva trattarsi di un gruppo di sorores de poenitentia oppure di un gruppo informale non integratosi con le disposizioni papali.

In Lombardia, su nove monasteri censiti, si ha solo il caso di Sant’Apollinare di Milano, dove nel 1265 Clemente IV intervenne per far assumere alle damianite la nuova regola urbaniana. Si tratta peraltro di un monastero ampiamente studiato da Sevesi (1924), Alberzoni e Piva (Bianchini, 2019, pp. 255-264).

In Veneto negli anni Venti vi furono varie esperienze di sorores minores, legate ai Minori, alcune delle quali confluirono nell’Ordine di Ugolino. Ma nessuno degli otto monasteri veneti mantenne la denominazione di Ordo Sancti Damiani dopo la regola di Urbano IV (Salemme-Piva 2017; Bianchini 2020, pp. 356-385).

In Friuli-Venezia Giulia sono censiti quattro monasteri, più quello di Capodistria28, attualmente in Slovenia (Kopar); di essi, S. Chiara di Udine, fondato tardi, nel 1294, è abitato da “mulieres religiosae, quae sub beati Francisci et beatae Clarae ordine, domino perpetuo famularentur” (Bianchini, 2020, pp. 400-403). Non è chiaro cosa possa indicare questa attribuzione (non in un documento della Curia Romana), se non la vicinanza tra Minori e monache beatae Clarae.

Dalmazia: su quattro monasteri di cui si ha notizia, San Nicolò di Zara, fondato nel 1260, quindi appartenente all’Ordo Sancti Damiani, fu obbligato da Bonifacio VIII ad assumere la regola urbaniana oltre trent’anni dopo la sua emanazione (Bianchini, 2020, pp. 414-415).

Decisamente più articolata e complessa la situazione dei monasteri del Regno.

In Abruzzo nel 1250 Innocenzo IV deve spingere le monache del Monastero di San Giovanni in Val di Varri ad accettare le offerte di fedeli, dato che “gravem propter malitiam temporis perferatis in rebus temporalibus paupertatem”. A conferma di rapporti con i Minori, si tramanda che attorno al 1250 Tommaso da Celano prese dimora in questo monastero come assistente spirituale, fino alla sua morte nel 1260 (Espositi, 2015, pp. 638-639).

Il monastero di San Silvestro di Pereto nel 1290 viene detto in un documento papale ancora Ordinis Sancti Damiani (Espositi, 2015, pp. 634-638).

Il monastero di Santa Chiara in Viano nel 1324 è citato come Ordinis S. Damiani nelle Rationes decimarum Italiae che invece indica gli altri monasteri dell’Abruzzo come Ordinis Sanctae Clarae. Dal 1327 si ha notizia di una contesa tra le monache e il vescovo della città Giovanni. La seicentesca storia di Chieti riporta per quell’anno un intervento della regina di Napoli Sancia verso il prelato perché non apportasse modifiche alla forma vitae delle monache. Nel 1329 Giovanni XXII, ricordando che il vescovo aveva emesso scomunica verso le monache e interdetto contro il loro monastero, ordina a Giovanni di visitare il monastero, scrivendo che le monache “nulli professioni vel Ordini sunt astricte” e che esse respingevano le scomuniche, non accettando la giurisdizione episcopale, mentre accoglievano beghine “cum quibusdam earum amicis et aliquis fratribus ordinis Minorum”. Secondo la storia di Chieti, nello stesso 1329 re Roberto intimò al vescovo di non molestare più le monache, perché godevano davvero di un privilegio di esenzione. E in effetti si conserva la lettera del vescovo di Chieti Odorisio del 1287 in cui, ribadendo precedenti concessioni dei suoi predecessori, concedeva al Ministro provinciale dei frati Minori di Penne la cura delle monache. È evidente che esse rivendicavano l’esenzione dalla giurisdizione vescovile, come per le fondazioni ugoliniane secondo la Litterae tuae nobis del 27 agosto 1218, mantenendo la loro appartenenza all’Ordo Sancti Damiani (Bianchini, 2020, pp. 639-642).

Si tratta di tre monasteri sui quindici abruzzesi del Duecento, ma significativamente sono i tre più antichi, risalendo la loro fondazione rispettivamente a prima del 1238, prima del 1250 e prima del 1254.

In Campania S. Spirito a Salerno, fondato attorno al 1235, nel 1284, nel 1292 e nel 1296 è oggetto di interventi del re Carlo II d’Angiò per sovvenire alla povertà delle monache. In questi documenti il monastero è citato come Ordinis Sancti Damiani, come in una bolla di Bonifacio VIII del 1295; il nome è attribuito al medesimo Ordine in una autenticazione notarile del 1322 di una bolla del 1247 che affidava ai Minori la cura delle monache e in un provvedimento di re Roberto d’Angiò del 132826.

S. Maria Donna Regina di Napoli probabilmente negli anni Sessanta adottò la regola di Longchamp, essendo citato come Ordo sororum minorum in un documento del 1275 e in due del 1322 (Espositi, 2018, pp. 159-162).

Probabilmente la stessa regola era seguita nel monastero di Capri, le cui monache erano dette Fratrum Minorum in un documento regio del 1269 e anche sorores minores Ordinis Fratrum Minorum (Espositi, 2018, pp. 166-168). San Giovanni al Nido di Napoli nel 1286 in un documento di Onorio IV viene indicato dell’Ordo Sancti Damiani (Espositi, 2018, pp. 168-170).

San Ligorio a Salerno nel 1283 similmente è dell’Ordo Sancti Damiani in un provvedimento di Carlo II (Espositi, 2018, p. 170).

La regola di San Damiano viene concessa da Bonifacio VIII addirittura a una nuova fondazione nel 1297, il monastero di San Lorenzo di Salerno, con una motivazione particolare. Giovanna, figlia di Giovanni da Procida, badessa del nuovo monastero, “per il tramite del padre, aveva fatto sapere al papa che lei, già da tempo, era stata monaca professa secondo la regola damianita ed era sempre vissuta nella sua osservanza. Per questa ragione le risultava particolarmente gravoso cambiare per seguire un’altra regola. Bonifacio VIII, volendo fare a Giovanni da Procida una particolare concessione, scrisse nuovamente al … legato pontificio affinché riformasse il predetto monastero iuxta ipsius ordinis S. Damiani Regulam” (Espositi, 2018, pp. 170-173; Freeman, 2014, p. 57).

In Campania ben sei monasteri su dieci si trovano in condizioni particolari quanto alla regola.

La situazione del Regno di Sicilia era più favorevole a una sorta di dissenso da parte delle monache che, per un motivo o per l’altro, volessero mantenere la tradizione della normativa damianita o aderire alla regola delle sorores minores di Isabelle de France, 2014. Non si può affermare che ciò avvenisse per spirito di povertà con il rifiuto dei possessi, poiché i monasteri damianiti non erano privi di beni né la forma vivendi di Ugolino li vietava. È vero che le lettere papali che concedevano la regola ugoliniana ai monasteri vincolavano i loro beni al possesso della sede Apostolica. Se questo fosse il motivo, ci troveremmo davanti ad una “povertà pensata” rispetto ad una “povertà vissuta” anche per le Pauperes moniales inclusae Ordinis Sancti Damiani.27

5. IN CONCLUSIONE

L’Ordine delle damianite fu fondato e organizzato da Ugolino di Ostia, ma la percezione interna ed esterna – anche per la propaganda minoritica, se si vuole, fin dal 1229 – era che fosse legato all’Ordine dei Frati Minori. La cosa ha conferme dalla frequente coincidenza del cardinale protettore di Minori e Damianite-Clarisse e nella cura monialium spesso attribuita ai frati, anche se essi cercarono non di rado di liberarsene. Infine Bonifacio VIII impose ai Minori la cura e la visita di tutti i variegati monasteri di questa tradizione, non soltanto dell’Ordine di santa Chiara, ma anche di quelli ancora di San Damiano e di quelli delle sorores minores (Bullarium franciscanum, IV, 1768, p. 396).

Non si può quindi considerare un errore storico parlare di “monasteri femminili francescani”: essi potevano non essere tutti di ispirazione francescana, ma certo erano di area francescana. È una considerazione non soltanto lessicale, che spinge a rivedere o a sfumare alcune attuali convinzioni storiografiche.

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1 Università di Roma La Sapienza. Via Camillo Pilotto 95, 00139 Roma, Italia. Mail: alfonso.marini@uniroma1.it

2 Ho motivato la mia scelta personale di usare ancora la forma Ugolino in Marini (2019, pp. 40-41). Ribadisco soltanto che è singolare usare la forma Ugo e continuare a parlare di Costituzioni ugoliniane.

3 Riportare qui la bibliografia su questi temi sarebbe troppo lungo, basti rinviare a Alberzoni (1995), che riprende lo studio di Zarncke (1930). Alberzoni ha scritto molto su questo tema (2004, pp. 27-70) e la sua Introduction (Claire d'Assise, 2013, pp. 779-829). Cf Accrocca (2009, pp. 520-527).

4 L’evoluzione delle denominazioni è riscontrabile, ad es., nelle lettere inviate da Gregorio IX e Innocenzo IV ad Agnese di Boemia, cf Marini (1991; 2013, pp. 11-96).

5Dominae si trova più volte nel testo della Forma vivendi in riferimento alle monache, cf Federazione di S. Chiara di Assisi delle Clarisse di Umbria-Sardegna (2003, nella colonna FvHug pp. 54, 60, 96, 104). Ma se ne veda il testo completo in Omaechevarria (1982) e si confrontino le varie redazioni in Freeman (2014).

6 Come biografia di Chiara segnalo ancora quella di Bartoli (1989).

7 Al confine tra gli attuali Lazio e Abruzzo, attualmente in provincia di Rieti (Lazio), ma nel Medio Evo facente parte del regno di Sicilia; la diocesi era comunque quella di Rieti.

8 Nulla di significativo nel nostro ambito in Henry d’Avranches (1926-1941, pp. 407-521), nel Tractatus de miraculis b. Francisci di Tommaso da Celano (2015, pp. 271:330) e nella Legenda minor di Bonaventura (1926-1941, pp. 655-678).

9 1Cel 18, pp. 16-17. Sul brano in lode di Chiara, di 1Cel 18-20; Guida (2006, pp. 21-28; 2007, pp. 5-26; 2016, pp. 75-107).

10 Solo un velato riferimento in 1Cel, 37.

11Vita sancti Francisci, II, 13, p. 341: “Hic est ille locus celebri memoria dignus, in quo illa tantarum virtutum plenitudine praedita, pauperum videlicet Dominarum virginumque sanctarum religio, ab eodem sancto viro quasi post sextum suae conversionis annum felix exordium sumpsit; quam non modicae perfectionis praerogativa laudabilem hodie Dominus per diversas Italiae partes magnifice dilatavit”.

12 Che per Giuliano siano vari i monasteri delle Pauperes dominae è ribadito dalla sua attribuzione a quest’Ordine del monastero di San Severino nelle Marche, alle cui monache Francesco lasciò una pecorella riscattata, episodio narrato in 1Cel 77-78, ma senza specificare che il monastero fosse delle Pauperes dominae; Vita sancti Francisci (IX, 42, p. 355); “Sequenti autem die per quoddam claustrum Dominarum apud Sanctum Severinum vir Dei transitum fecit, ubi eisdem Christi famulabus oviculam commendavit”.

13 No 1Cel, ma Vita sancti Francisci, XII,72, p. 369: “Portantes autem filii pium patrem, ad ecclesiam Sancti Damiani, quam primam, ut dictum est, ipse construxerat, subtiterunt, eumque filiabus ipsius, quas ibidem plantaverat pauperibus videlicet dominabus et sacris virginibus, ostenderunt. et ecce pia mater illarum, prima scilicet illius religionis planta, re Clara et nomine, ad videndum corpus dilectissimi patris cum filiabus admissa, coepit miserande nimium plangere super illum”.

14 “Omni namque ordini, conditioni, aetati et sexui congruenter documenta salutis impendit, omnibus vivendi regulam tribuit, cuius hodie felicem ducatum in utroque sexu sequentium triumphare se gaudet Ecclesia triplici militia salvandorum. – Tres enim, ut supra tetigimus, Ordines ordinavit, quorum primum ipse professione simul et habitu super omnes excellentissime tenuit, quem et Ordinem Fratrum Minorum, sicut in Regula scripserat, appellavit. Secundus etiam, qui supra memoratus est, pauperum dominarum et virginum felix ab eo sumpsit exordium. Tertius quoque non mediocris perfectionis Ordo Poenitentium dicitur, qui clericis et laicis, virginibus, continentibus coniugatisque communis, sexum salubriter utrumque complectitur” (No 1Cel, ma Vita sancti Francisci, IV, 23, p. 346)

15 “Vere hic sanctus triplicis militiae, de qua supra dictum est, currus et auriga digne dici promeruit, qui in solari specie, quadriga vectus ignea, adhuc vivens in carne mortali praerogativam transfigurationis obtinuit” (No 1Cel, ma Vita sancti Francisci, V, 29, pp. 348-349).

16 Iulianus a Spira (Officium rhythmicum, 18, Ad laudes, Antiphonae, III, 1936, p. 383). Più brevemente anche 14, In II nocturno Responsoria, p. 380: “Sub typo trium Ordinum / tres, nutu Dei praevio / ecclesias erexit”. Un più ampio esame dei testi liturgici va condotto su Franciscus liturgicus (2015).

17 “Hic est enim locus ille sacer in quo gloriosa religio et excellentissimus ordo pauperum dominarum virginumque sacrarum, a conversione beati Francisci fere sex annorum spatio consummato, per eundem beatum Franciscum felix sumpsit exordium, quarum vita mirifica et institutio gloriosa a sanctae memoriae domino papa Gregorio nono, tunc temporis Ostiensi episcopo, auctoritate Sedis Apostolicae est plenius confirmata” (Leg3Soc 24, p. 109).

18Leg3Soc 60, pp. 134-135: “Non solum autem viri sic convertebantur ad ordinem, sed etiam multae virgines et viduae, ad eorum praedicationem conpunctae, secundum ipsorum consilium per civitates et castra monasteriis ordinatis recludebant se ad poenitentiam faciendam. Quibus unus ex fratribus constitutus fuit visitator et corrector earum. Similiter et viri uxorati et mulieres maritatae, a lege matri/monii discedere non valentes, de fratrum salubri consilio se in domibus propriis arctiori poenitentiae committebant. Et sic per beatum Franciscum, sanctae Trinitatis cultorem perfectum, Dei Ecclesia in tribus ordinibus renovatur sicut trium ecclesiarum praecedens reparatio figuravit. Quorum ordinum quilibet tempore suo fuit a summo pontifice confirmatus”. Un brano simile è presente nel De inceptione vel fundamento ordinis o Anonimus Perusinus, 41c: “Similiter et multae mulieres virgines et non habentes viros, audientes praedicationem eorum, veniebant corde compuncto ad eos, dicentes: - “Quid faciemus et nos? Vobiscum esse non possumus. Dicite ergo nobis quomodo salvare nostras animas valeamus”. Ad hoc ordinaverunt per singulas civitates quibus potuerunt monasteria reclusa ad paenitentiam [sic] propter earum. Constituerunt etiam unum de fratribus qui esset visitator et correptor earum”, (1979, p. 92). Per la quasi totalità degli storici il De inceptione risalirebbe agli anni 1239-1240.

19Leg3Soc, Epistola, p. 89, ove Leone, Rufino sul Angelo, “olim socii licet indigni beatissimi patris Francisci”, scrivono di aver avuto notizie sul fondatore anche “per fratrem Philippum visitatorem pauperum dominarum”.

20Die Chronia des Bruders Jordan von Giano (2011, 3-63, cap. 13, p. 38): “frater Philippus, qui erat zelator Dominarum pauperum, contra voluntatem beati Francisci, qui omnia per humilitatem maluit vincere quam per iudicii potestatem, impetravit litteras a Sede Apostolica, quibus dominas defenderet et turbatores earum excommunicaret”. Cf. Marini (1918, pp. 375-391).

21 È quella ripresa da Francesco nella sua benedizione a frate Leone conservata autografa.

22 Come scrissi altrove, una “apologetica inclusiva” (Marini, 2010, pp. 311-315, p. 311).

23 Mi riferisco a una ricerca iniziata da me molti anni fa, su base delle regioni italiane attuali Marini (1993, pp. 71-96), continuata con vari articoli nella medesima rivista. Mi baserò sui sei più recenti, opera di miei collaboratori: Romanelli, (2011, pp. 705-752; 2013, 181-204); Espositi (2015, pp. 631-664); (2018, pp. 147-186); Bianchini (2019, pp. 249-299; 2020, pp. 349-417). I riferimenti precisi a fonti e studi si troveranno in questi stessi articoli. Tralascio altre regioni non ancora esaminate (Emilia-Romagna) o analizzate vari anni fa con studi che andrebbero rivisti.

24Espositi (2015, p. 637): “Dopo la sua approvazione, l’adozione della Regola del 1263 non fu certamente immediata e diffusa. Accanto alla Regola di Urbano IV si registrava ancora l’applicazione della Regola ugoliniana o di quella innocenziana del 1247, al punto che, nel 1297, il cardinale protettore Matteo Rosso Orsini si vide costretto ad esortare i monasteri, che ancora non l’avessero fatto, ad uniformarsi definitivamente alla Regola di Urbano IV. Già Giovanna Casagrande e Felice Accrocca, ebbero a sottolineare che nemmeno la Regola di Urbano IV aveva determinato la scomparsa di quelle già approvate, in particolare essi si riferivano alla persistenza della regola ugoliniana”. Si veda anche Marini (2016, pp. 179-188).

25 L’articolo di Bianchini (2020) analizza anche territori attualmente non italiani, poiché nel Duecento le province francescane avevano delimitazioni differenti da quelle politiche attuali; la custodia dell’Istria comprendeva anche Trieste e faceva parte della Provincia Sclavoniae.

26Espositi (2018, pp. 151-155). Nelle altre regioni dell’Italia meridionale dallo studio di Esposirti non compaiono situazioni come quelle di Abruzzo e Campania.

27Freeman (2014, p. 58) sostiene che “Occorre necessariamente concludere che durante tutto il secolo XIII la Regola di Ugolino ha conservato il proprio valore e per questo costituisce una fonte importante per lo studio dell’origine dell’Ordine delle clarisse”.