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CRONACA DALLA GIORNATA DI STUDI “MEDIOLATINITÀ LIQUIDA. INTORNO ALL’ARBOR VITE DI UBERTINO DA CASALE” (UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA CAMPANIA “LUIGI VANVITELLI”, SANTA MARIA CAPUA VETERE, 6 DICEMBRE 2023)

Pietro Filippini1

Il Convegno «Mediolatinità liquida. Intorno all’Arbor vite di Ubertino da Casale» è stato una ricca occasione per approfondire le riflessioni ecdotiche stimolate dall’opera di Ubertino da Casale e da casi editoriali affini. Tenutosi il 6 dicembre 2023 presso l’Università degli studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, si è sviluppato nell’ambito di più gruppi e progetti di ricerca: PRIN 2020 “The Latin Middle Ages. A comprehensive bibliographic repertory of writers, texts and manuscripts”, all’interno del quale è nata l’iniziativa; il Laboratorio “ReCMed - Religioni e Culture del Mediterraneo”; il Gruppo di ricerca “Book Studies. Material Culture, Authorship, Artistic Production and the Circulation of Knowledge from the Middle Ages to the Early Modern Age”. La giornata è stata arricchita da numerosi interventi, la cui cifra comune è stata, per la prima parte della giornata, l’attenzione per il progetto di edizione rivolto all’Arbor vite crucifixe di Ubertino da Casale, coordinato dal prof. Daniele Solvi; per la seconda parte della giornata si sono invece illustrati e discussi casi anche lontani dal contesto culturale e storico dell’Arbor, ma affini per tematiche e problematiche editoriali stimolate, quali ad esempio il De universo di Rabano Mauro o le opere di Giovanni Tortelli. La necessità di concentrarsi su questi prodotti della letteratura, principalmente mediolatina, è duplice: non solo istituire un dialogo proficuo tra aree di ricerca diverse seppur non estranee, ma anche trarre vicendevole giovamento dall’osservazione di occorrenze ecdotiche che possono presentare spigolosità e necessità editoriali simili, basandosi su tradizioni sovrabbondanti o su testi di notevole estensione (caratteristiche assimilabili all’esempio dell’Arbor vite). La discussione è stata certamente proficua e serrata nella certezza di un reciproco arricchimento per i relatori e il pubblico coinvolti.

Dopo i saluti istituzionali di Giulio Sodano, Elisabetta Caldelli e Claudia Santi, che ha presieduto la sessione della mattinata, si è tenuto l’intervento di Daniele Solvi (Università Vanvitelli), dal titolo «L’Arbor vite come testo imperfetto», preceduto da un’introduzione ai lavori da parte dello stesso. Dopo aver presentato le circostanze compositive dell’Arbor alla Verna nel 1305 e dopo aver illustrato il progetto editoriale d’équipe elaborato per la “Edizione Nazionale dei testi mediolatini d’Italia”, Solvi ha discusso la dimensione fluida del testo in oggetto, presentato appunto come testo imperfetto, ovvero non rifinito in una fase redazionale finale e autoriale. La strutturazione redazionale dell’Arbor è stata quindi oggetto dell’intervento, partendo da una iniziale e puntuale rassegna delle ipotesi avanzate da studiosi precedenti (come F. Callaey, B.G. Guyot, C.M. Martínez Ruiz), individuandone le criticità sia filologiche sia storico-storiografiche. Nella parte propositiva dell’intervento, a partire dalle informazioni tratte dal testo e dalla tradizione manoscritta, si sono avanzate alcune osservazioni sull’Arbor come testo costruitosi attraverso materiali preesistenti, attraverso un lavoro più volte delegato a uno o più collaboratori e attraverso una divulgazione avvenuta a testo non ultimato, ma ancora in una fase imperfetta.

Il secondo intervento è stato a cura di Pietro Filippini (Università Vanvitelli) con il titolo «Ubertino da Casale e le sue fonti. Strategie di lavoro dal libro III». Dopo aver passato in rassegna i testimoni principali del III libro, dedicato alla vita pubblica di Gesù, si sono discussi alcuni passi in cui si ipotizza, in vista della futura edizione, che il testo sia stato costruito attraverso l’unione di scritti ubertiniani identificabili e preesistenti. Seguendo le osservazioni di studiosi come M. Damiata e M. Soriani Innocenti, si è osservato l’inserimento di versiculi e rubriche che compaiono solo in alcuni manoscritti e che fanno intravvedere diversi modi in cui singoli brani possono essere stati considerati dall’autore e dai copisti nella struttura dell’opera. Si è poi discusso dell’uso delle fonti bibliche, come nel trattamento riservato alla figura di Mosè in Arbor III, 3. Infine, si è confrontato Arbor III, 9 e un posteriore trattato ubertiniano, il Tractatus de altissima paupertate christi et apostolorum eius et virorum apostolicorum: si è quindi avanzata l’ipotesi che l’Arbor potesse essere anche un serbatoio di argomenti e auctoritates, pronti all’uso nelle dispute politiche e teologiche.

Il terzo intervento è stato curato da Gaiasofia Saiani (Società Internazionale di Studi Francescani) con il titolo «La circolazione manoscritta dell’Arbor». È stata analizzata la circolazione manoscritta dell’Arbor, sottolineando l’assenza di uno studio generale e organico a essa rivolto. Oggetto dell’intervento è stato poi un aggiornamento del testimoniale in latino, comprendente libri interi o frammenti, a cui Saiani aggiunge due ulteriori testimoni frammentari. L’intervento ha poi datato il testimone Cardiff, Public Library, 3.244 come il più antico della tradizione, sottolineando come nei codici più antichi si attestino i primi quattro libri, a cui solo in alcuni casi (come Assisi, Biblioteca Comunale, Fondo antico presso il Sacro Convento, 328) è stato aggiunto in un secondo momento il quinto. Si sono discusse poi le principali aree di produzione e diffusione dell’Arbor, evidenziando l’importanza della Francia meridionale e, al contempo, l’assenza di una forma-libro standard, anche se si possono distinguere alcune direttive principali nell’organizzazione e copiatura dell’Arbor (sia per singoli libri sia in volumi unici), come ad esempio l’inserimento dei primi quattro libri in un unico volume.

È seguito poi il quarto intervento, a cura di Andrea Alessandri (Bergische Universität Wuppertal), dal titolo «Una doppia redazione d’autore? Verifiche dal libro V». È stata quindi discussa la tradizione e la costruzione del testo e dell’edizione del V libro dell’Arbor vite, riguardante la storia della Chiesa e dell’Ordine dei Minori. La parte principale dell’intervento ha coinvolto la situazione redazionale del V libro, proponendo attraverso raffronti testuali una divisione in una doppia redazione: la prima più estesa, la seconda invece compendiata in alcuni luoghi testuali. Tali luoghi risultano riguardare frequentemente passaggi dal contenuto problematico, come ad esempio quelli dedicati alla figura di Giovanni da Parma. Si è sottolineata poi la sistematicità della redazione brevior, che comunque non presenta cortocircuiti macroscopici nel funzionamento del testo. Si è sottolineata infine la diffusione geografica delle singole redazioni, poiché generalmente i manoscritti di origine italiana presentano la versione lunga, mentre la brevior compare principalmente nei testimoni del nord Europa e iberici, incoraggiando l’ipotesi per cui la versione brevior non abbia origine autoriale.

La seduta del pomeriggio è stata presieduta da Daniele Solvi. Il primo intervento è stato quello di Vera Fravventura (Università di Salerno), dal titolo «Un libro dai molti destini: il De universo di Rabano Mauro e le due riedizioni medievali». Il testo presentato è il De rerum naturis, alternativamente conosciuto come De universo, di Rabano Mauro: dopo averne inquadrato le circostanze cronologiche e compositive di testo enciclopedico sul modello isidoriano, Fravventura ha analizzato una famiglia di testimoni in particolare, ovvero γ: tale gruppo si contraddistingue innanzitutto per la presenza di inserzioni erudite analoghe agli Scholia Vallicelliana di Isidoro, dei quali Rabano Mauro aveva forse un’ulteriore copia; in seconda battuta, con l’eccezione di un testimone, è indicativa la presenza di un ciclo illustrativo di probabile ideazione autoriale, che illustra il contenuto del testo. Viene quindi presentata l’ipotesi che Rabano Mauro abbia organizzato il testo della famiglia discussa come una riedizione, testimoniando il fermento culturale dell’abbazia di Fulda negli anni ’20 del IX secolo: al netto di alcune difficoltà, come l’assenza di alcune illustrazioni e delle lettere di dedica nei testimoni di γ, si è evidenziata l’attenzione autoriale in questa operazione, sebbene non si possa forse parlare di una seconda edizione definitiva.

Il secondo intervento è stato presentato da Elisabetta Caldelli (Università Vanvitelli), con il titolo «“Verso il martirio, ma anche no”. Un brogliaccio del Tractatus de martyrio di Giovanni Tortelli». Oggetto dell’intervento è stato appunto il Tractatus de martyrio di Giovanni Tortelli, trasmesso dall’edizione di Basilea del 1492, dal manoscritto Milano, Biblioteca Ambrosiana, C 17 sup. e dal manoscritto Roma, Biblioteca Vallicelliana, F 43. Ripercorrendo le osservazioni di Giovanni Mercati e concentrando l’attenzione sull’anonimo protagonista dell’opera, in viaggio per Costantinopoli, grazie a una nota di Tortelli e al manoscritto Vallicelliano, Caldelli ha identificato l’autore del Tractatus nello stesso Tortelli, compilatore del medesimo codice citato. All’interno di questo viene infatti inclusa una epistola prefatoria, dedicata ad Alberto da Sarteano per ottenerne una valutazione sull’opera: tra alcune parti espunte, forse nel tentativo di limitare la propria autorità sul testo, si legge in rasura il nome di Tortelli stesso. Questo manoscritto, riconducibile alla mano di Tortelli anche per motivi paleografici, si configurerebbe quindi come un brogliaccio/una brutta copia del testo: un ulteriore motivo per giustificare quest’idea è la derivazione dell’incunabolo da un testimone diverso dal manoscritto autografo di Tortelli e stampato senza epistola prefatoria e senza attribuzione diretta a un autore preciso.

Il terzo intervento è stato a cura di Michele Rinaldi (Università Vanvitelli), dal titolo «Pluralità di redazioni e volontà d’autore: il caso delle Commentationes in centum Ptolemaei sententiis di Giovanni Pontano». L’analisi ha riguardato le Commentationes di Giovanni Pontano e il loro carattere di traduzione del Centiloquium pseudo-tolemaico, prodotta a partire da un testimone greco e commentata attraverso l’uso di tutta la tradizione esegetica precedente, greca, bizantina, latina e araba, fino a quella contemporanea al traduttore. Rinaldi ha classificato il testo come “fluido”, in quanto la sequenza di brani stabili e mobili nella tradizione manoscritta non permette di intravvedere una redazione unitaria, ma consente di costruire una rappresentazione con raggruppamenti a diagramma del testimoniale, divisa in sei stadi, da Ω1 a Ω6. Questi raffigurano quindi diversi stati redazionali in diverse sezioni testuali. L’ultima parte dell’intervento ha infine riguardato l’analisi dell’editio princeps del Cinquecento, dedicata all’opera di Pontano da Pietro Summonte e derivata principalmente dalla fase Ω5, contaminata con almeno un altro testimone dell’opera.

Infine, si è tenuto il quarto e ultimo intervento di Anna Isabel Peirats Navarro (UCV-IVEMIR, Valencia), dal titolo «Un lontano derivato dell’Arbor vite: la Vita Christi di Isabel de Villena». Dopo aver contestualizzato e chiarito la composizione dell’opera di Isabel de Villena, se ne è sottolineata la cifra devozionale e protrettica rivolta alle religiose del convento di cui era badessa l’autrice. Concentrando l’attenzione sul capitolo CXLIV, riguardante il Giovedì Santo e la lavanda dei piedi, Peirats ha sottolineato l’affinità di alcune considerazioni sul dolore di Maria con le osservazioni e idee che si riscontrano nel IV libro dell’Arbor vite, dedicato alla passione di Gesù (argomento centrale nella Vita Christi). A tal proposito, si è poi trattata la fortuna dell’Arbor in area aragonese e la sua importanza come testo meditativo-devozionale.

Dagli interventi della giornata di studi sono emerse significative novità nella tradizione manoscritta, nell'uso delle fonti e nella situazione redazionale dell’Arbor. Allo stesso tempo è stato possibile, anche grazie ai casi editoriali non ubertiniani che offrono situazioni e caratteristiche affini, una migliore focalizzazione di alcuni nodi problematici: l’importanza della volontà autoriale nella costruzione del testo e nella sua diffusione; le vicende redazionali che ne stratificano la stesura, per cui spesso l’attestazione più recente si distingue dalle elaborazioni testuali più antiche per volontà autoriale e/o editoriale; l’importanza dell’immagine e dei contenuti devoti per un'opera come l’Arbor, la cui finalità edificante è stata spesso messa in secondo piano dagli studi rispetto alle tematiche escatologiche e politiche.

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1. Mail: pietro.filippini1@unicampania.it. Università degli studi della Campania “Luigi Vanvitelli”.