Specula Revista de Humanidades y Espiritualidad

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SECCIÓN MISCELÁNEA: NOTAS Y DISCUSIONES

1. DONNE VISIONARIE SPAGNOLE E POTERE DELLE IMMAGINI NELLA PRIMA ETÀ MODERNA

Nel 2023, per le Edizioni dell’Orso, ha visto la luce il libro di Rebeca Sanmartín Bastida Staging Authority. Spanish Visionary Women and Images (1450-1550). Esso offre una rassegna e un aggiornamento metodologico sulle visionarie spagnole della prima età moderna, utilizzando un approccio interdisciplinare che si concentra su diversi aspetti: la materialità delle visioni, la produzione di spazio/luogo (dove lo spazio diventa una categoria formativa), il ventriloquismo delle immagini. A tal fine, vengono utilizzati studi sulla performance (la trance è considerata una sorta di mise en scène) e la ricerca si basa sulla svolta spaziale e visiva adottata dalle scienze umane. Al centro del libro vi sono alcune domande: come il rapporto tra immagini e donne influisce sull'evoluzione del paradigma della santità; come appaiono lo spazio e la voce attraverso lo sguardo e l'orecchio nel rapporto tra rivelazioni e immagini; come viene conferita la santità alle donne che assumono il ruolo di immagini e reliquie. E, infine, lo sguardo prevale sul tatto? Per affrontare tali questioni, si considerano i legami tra esperienze visionarie delle donne e cultura visiva, tra apparizioni rurali e visioni conventuali.

Il saggio si occupa del potere di una visionaria, mostrando come le beatas del tardo Quattrocento e del primo Cinquecento, per le quali l'approccio religioso era in pratica l’unico mezzo per raggiungere la sfera pubblica, raggiungessero un’autorità spirituale di vasta portata attraverso la loro interazione con le immagini.

Per quanto riguarda le fonti specifiche, la ricerca si concentra soprattutto sulle agiografie raccolte nel Catalogo online delle sante vive. In Castiglia, tra il 1450 e il 1550, esistevano numerose “sante vive” (per usare il termine coniato da Gabriella Zarri) e l’autorità spirituale femminile era incarnata soprattutto da visionarie e carismatiche. Si diffuse allora una vera e propria leadership religiosa che ebbe come protagoniste le francescane María de Toledo (1437-1507) e Juana de la Cruz (1481-1534), la geronimiana María de Ajofrín (1455-1489) e la domenicana María de Santo Domingo (1486-1524). A prescindere dall’Ordine di appartenenza, questo nuovo paradigma di santità si ispirava al modello di Caterina da Siena (1347-1380) e in alcuni casi trovava accoglienza nel movimento riformatore promosso dai seguaci di Girolamo Savonarola. Particolarmente importante, tuttavia, era anche l’autorità riconosciuta di santa Brigida di Svezia (1303-1373).

A queste donne è dedicato il libro di Rebeca Sanmartín Bastida, che è stato discusso a Roma, presso la Fondazione Ernesta Besso, martedì 13 febbraio 2024. Si pubblicano in questa sede gli interventi dei Relatori intervenuti.

1.1. Storia della mistica iberica per corpi e immagini

Silvia Nocentini1

Il volume che presentiamo oggi2 ha molti meriti, non ultimo quello di rendere disponibili a un vasto pubblico i risultati delle ricerche sulle mistiche di area iberica del XV e XVI secolo - spagnole o castigliane, a seconda del periodo preso in considerazione. Un secolo che viene dopo la straordinaria fioritura medievale europea, favorita dalla relativa libertà con cui le donne potevano esprimersi sia in privato sia in pubblico. Non fu altrettanto facile per il mondo femminile esercitare un tipo di spiritualità o di apostolato comunicativi in questo scorcio di secolo (1450-1550), stretto da una parte nelle riforme austere dovute all’Osservanza e, dall’altra, nella claustralizzazione imposta dalla Controriforma a tutte le religiose, cum regula o sine regula, secondo una felice definizione di Alessandra Bartolomei3. La nostra stessa comprensione di molti fenomeni, anche precedenti, è spesso viziata proprio dall’immagine delle donne religiose che si venne a formare in questo secolo e che si è talmente radicata, specialmente nei Paesi di tradizione cattolica, da estendersi anche retrospettivamente al Medioevo. Perciò quando pensiamo a Caterina da Siena, la vediamo più come il modello che fu proposto (o imposto) alle mistiche di epoche successive che come la donna attiva che fu, vitale, totalmente compresa nella realtà della sua epoca, che pure lei fortemente criticava. È proprio questa Caterina il punto di partenza del libro. Da una parte sappiamo che il modello cateriniano fu la sorgente di ispirazione e il fil rouge che legò, tra la fine del Medioevo e il primo Rinascimento, le esperienze religiose delle cosiddette sante vive4. Queste emule della Senese avevano in comune, oltre alla devozione per l’eucaristia, il digiuno, la penitenza, la maternità spirituale e le rivelazioni. Una miscela nutrita dai movimenti savonaroliani e riformatori fino alla Controriforma. Nella penisola iberica il cardinal Cisneros si fece promotore di un modello di spiritualità femminile fondato su tre esempi di santità medievale: Caterina da Siena, Angela da Foligno e Mechtild di Hackeborn, delle quali fece tradurre le opere5. Grazie al catalogo online Living Saints6, curato dall’autrice, i ricercatori possono sondare oggi non solo l’ampiezza, ma anche la profondità di radicamento del modello proposto da Cisneros. Nel libro abbiamo, invece, uno sguardo trasversale sull’uso e la rappresentazione delle immagini nella mistica femminile.

Il volume è un viaggio attraverso tre linee di investigazione dentro questo complesso rapporto, che non coinvolge solo la santa/beata e il divino, ma anche coloro che poi ne avrebbero promosso il modello di spiritualità attraverso la parola, il testo o l’arte. Sono i testi le fonti principali, poiché pochissimo rimane delle immagini che furono compagne delle donne prese in considerazione dall’autrice, ovvero Maria Ajofrin, Maria de Santo Domingo, Juana de la Cruz. Di quali testi si tratta? Prima di tutto dei testi composti dalle sante stesse - almeno quelli rimasti - cioè le Rivelazioni, poi le Vite, cioè le agiografie. Rivelazione e visione sono termini che vengono spesso usati per descrivere il rapporto che le mistiche hanno con Dio, un rapporto che segna un profondo cambiamento nella spiritualità e diventa veicolo di un nuovo linguaggio, quello affettivo che le donne spesso usano per comunicare la loro esperienza estatica. L’autorità che ne deriva è di tipo carismatico, cioè basata sul rapporto d’amore diretto con Cristo, a differenza di quella degli uomini, che invece è solidamente radicata nello studio della Scrittura. Dalle Vite di queste donne possiamo vedere come le immagini, reali o apparse, siano presenti nei momenti di svolta delle biografie e talvolta siano proprio esse che scatenano il momento estatico. In questo caso è evidente un dato storico che credo di poter interpretare come polifunzionalità dell’immagine stessa. Essa, infatti, è scelta non solo dall’estatica, ma anche dal suo agiografo/agiografa in quanto esemplare per il modello di santità che si voleva proporre. Ovverosia, l’immagine deve essere adatta a fare effetto su molti, sul pubblico che legge o ascolta la Vita, e non solo sulla santa protagonista del testo.

Veniamo dunque al cuore del libro, laddove si esamina il rapporto tra immagini e mistica. L’analisi delle Vite ci dice che l’influenza è reciproca e biunivoca, tanto che spesso è difficile dire in quale direzione si muove la relazione. Vi sono esperienze mistiche ispirate all’arte e opere d’arte ispirate alle visioni. Non a caso il termine qui usato è visione e non rivelazione. La prima implica una rappresentazione figurativa, la seconda parola, invece, ha rapporto con la sfera intellettiva e teorizzante. Le immagini hanno un ruolo preponderante nella formazione religiosa femminile in quest’epoca ed esercitano perciò un effetto duraturo. Non dobbiamo dimenticare che sono le donne a confezionare molti degli arredi liturgici delle chiese (e questo ancora oggi, in molte realtà), come le tovaglie, gli arazzi, le decorazioni con i fiori, le corone, e infine i vestiti delle statue, come nei casi che ben illustra l’autrice nel suo libro. Il coinvolgimento materiale delle donne in questo tipo di cura delle immagini sacre (o degli arredi sacri, anch’essi carichi di significati e significanti devozionali) è stato forse finora sottovalutato perché poco rimane di tangibile e quasi niente a livello di testimonianza scritta. Qui si comprende forse come lo scarto fra ciò che si fa e ciò che vale la pena di essere ricordato è quello che definisce meglio cosa sia un modello di santità, quello di volta in volta proposto ai contemporanei. Non sono rari i casi in cui una donna che entra in una comunità religiosa per prendere i voti porta in dote, tra le altre cose, anche un’icona devozionale. Leggendo queste pagine del libro mi è venuta in mente un’opera di Pedro de Mena y Medrano (1628-1688) la statua lignea policroma di Pedro de Alcantara7, grande predicatore francescano. Girandoci intorno, all’improvviso gli occhi di vetro luccicano e sembra si sia commosso. Una devozione che è anche compartecipazione e che sopravvive a lungo al fenomeno mistico, non solo femminile.

Il Medioevo - e il primo Rinascimento qui trattato - ha un concetto di arte legato più all’agire sociale che al nome dell’artista. I grandi pensatori medievali - Gregorio Magno, Tommaso d’Aquino, Bonaventura da Bagnoregio, Bernardo da Chiaravalle - ne hanno teorizzato la funzione, distinguendo in primo luogo la finalità didattica delle immagini, specialmente dei cicli narrativi. In questo senso, le donne visionarie generano immagini che sono capaci di istruire più efficacemente di quanto possano fare i chierici, pertanto esse rivestono un ruolo sacerdotale che le investe di una certa autorevolezza nei confronti del loro pubblico. Un episodio tratto dalla Vita di Caterina da Siena sarà esemplificativo. Si tratta della famosa visione dello sposalizio mistico, un tema iconografico molto caro alla tradizione agiografica femminile, eppure non molto antico, anche se nato con una santa dei primi secoli del cristianesimo, Caterina d’Alessandria, con la quale evidentemente l’agiografia della senese crea un parallelo. Ma questo passo serve all’autrice per introdurre un motivo di riflessione più ampio, ovverosia il peso del genere - femminile, in questo caso - nelle modalità della venerazione e nella contemplazione delle immagini. Seguendo una linea di pensiero introdotta da Millard Meiss, l’autrice ribadisce la necessità di valutare adeguatamente proprio la funzione didascalica delle immagini nella formazione delle donne. Caterina a Siena aveva certamente visto molte pale d’altare simili a quella descritta nella famosa visione. Persino la ricerca delle fonti della spiritualità cateriniana, dunque, andrebbe allargata dalle fonti testuali - poche delle quali ella poteva davvero aver letto - alle opere visive che a tutti gli effetti facevano parte del suo cammino spirituale.

La seconda funzione tradizionalmente attribuita all’arte è quella consolatoria, che coinvolge i sensi e favorisce la comunicazione tra mondo terreno e mondo celeste. Non a caso, le immagini, la musica, l’ostia sono descritte come porte d’accesso all’estasi nelle agiografie delle mistiche. Se in area germanica il medium più diffuso è l’ostia, caratteristica delle mistiche di area iberica è l’intermediazione delle immagini, con le quali esse hanno un rapporto multiforme che va dalla semplice contemplazione orante alla trance, al dialogo, alla visione. Quando questi fenomeni si manifestano davanti a un pubblico, l’estasi diventa una rappresentazione plastica dell’interiorità spirituale, un’immagine devozionale a sua volta, un teatro devozionale.

Come studiosa di Caterina, allora, leggere questo libro è stata un’esperienza ricca di spunti di riflessione, in particolare, sulle differenze tra la santità medievale delle mistiche e delle profetesse e il modello prima offerto alle spirituali di area iberica e poi da loro proposto, mutato e riprodotto in un costante accordo con le mutate esigenze devozionali della società. La rappresentazione scenica dell’estasi è qualcosa di estraneo non solo al prototipo senese, ma anche all’ispirazione da esso scaturita e adattata ad usum mulierum da Cisneros o dai vari confessori. Se ne ricava un affresco che mette in relazione sì la funzione complementare delle immagini nella vita religiosa femminile, ma soprattutto il modo in cui le donne seppero in qualche modo scavalcare i limiti loro imposti per riconquistare la parola attraverso la comunicazione non verbale, una scena che parla di loro e parla al fedele.

1.2. Sante vive e immagini in Spagna tra tardomedioevo e prima età moderna

Querciolo Mazzonis8

È un grande piacere presentare il volume di Rebeca Sanmartin Bastida, Staging Authority: Spanish Visionary Women and Images, che si presenta come un lavoro estremamente interessante e originale da molti punti di vista. Un primo elemento di originalità si riscontra nell’operazione editoriale: il libro è opera di una studiosa spagnola che scrive in inglese per un editore italiano. Operazione a mio avviso riuscita, perché il libro offre ai lettori e alle lettrici italiani l’opportunità di entrare a contatto con approcci interpretativi che sono soprattutto adottati in ambito spagnolo e anglosassone e che in Italia sono meno frequentati.

Anche l’oggetto del libro si presenta di grande interesse: si inserisce nel panorama degli studi sulle “sante vive”, ossia quelle donne che acquisirono reputazione di santità durante la loro vita – argomento di cui qui abbiamo probabilmente una delle massime esponenti mondiali, Alessandra Bartolomei Romagnoli. Non sto qui a ripercorrere il fenomeno, ma osservo soltanto per chi ci ascolta che in età tardomedievale, e in particolare in Italia nei decenni a cavallo tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, molte donne, laiche e religiose, provenienti da diversi ambienti sociali, attraverso un rapporto privilegiato e di tipo mistico con il divino, poterono partecipare alla vita pubblica in diverse forme, raggiungendo così un’autorevolezza nella società ineguagliata fino ai tempi moderni. Se gli studi sulle sante vive hanno avuto inizio in Italia negli anni Ottanta grazie al lavoro pionieristico di Gabriella Zarri, oggi la storiografia si occupa di tale fenomeno in ottica europea. Il caso spagnolo in particolare è ormai da diverso tempo considerato molto rilevante per la presenza di figure di mistiche, visionarie e riformatrici, soprattutto a partire dalla seconda metà del Quattrocento. Com’è noto ciò fu in parte determinato dal sostegno dato loro dalle massime autorità spagnole: dalla regina Isabella di Castiglia, devotissima della profetessa Brigida di Svezia; e dal Cardinale Cisneros, che non solo protesse le sante vive spagnole, ma ordinò la traduzione della vita e delle lettere di Caterina da Siena e degli scritti di Angela da Foligno e di Matilde di Hackeborn (1241-1298), in modo da offrire modelli di religiosità femminile. Così, ispirandosi in particolare al modello cateriniano e brigidino, le sante spagnole del Quattro-Cinquecento raggiunsero la notorietà esercitando il dono della profezia e la maternità spirituale, sottoponendosi a penitenze estreme, promuovendo il culto dell’eucarestia e impegnandosi nella riforma monastica.

Rebeca Sanmartin Bastida è una protagonista di questo filone di studi, avendo già pubblicato diversi lavori sulle sante vive castigliane e spagnole e dirigendo un importante catalogo online di figure di sante, scritti agiografici e cronache conventuali, attraverso il quale è possibile indagare l’evoluzione dei modelli di santità tra medioevo ed età moderna. In questo volume l’autrice prende in esame un aspetto specifico della vicenda delle sante vive in Spagna, poco studiato ma molto importante, ossia il loro rapporto con le immagini. Più specificamente, collocando le sante spagnole nella long dureé della cultura religiosa medievale, il libro mostra come le visionarie vissute tra il 1450 e il 1550 costruirono sfere di autorità attraverso una relazione strategica con le immagini. Esaminando in particolare il ruolo delle icone e delle sculture nell’esperienza visionaria delle mistiche spagnole, l’autrice svela una complessa dinamica che portava ad una reciproca legittimazione e conferimento di autorità attraverso una sorta di performance attivata dalla visionaria davanti a un’audience. Il titolo già rivela il senso del libro: “Staging Authority”, ossia “mise-en-scène, o messinscena (nel senso teatrale del termine), dell’autorità, o dell’autorevolezza”. Attraverso tale indagine l’autrice getta nuova luce sulle modalità attraverso cui le donne poterono essere riconosciute come sante vive e fa emergere nuovi aspetti della relazione femminile con il sacro.

L’autrice esamina il rapporto tra visionarie e immagini in quattro capitoli, ognuno dei quali analizza aspetti distinti di tale relazione: nel primo capitolo illustra il legame tra sante spagnole e immagini; nel secondo, esamina il fenomeno visionario prendendo in considerazione il ruolo dello sguardo e la trasformazione dello spazio; nel terzo considera l’importanza della voce; nel quarto i cambiamenti occorsi nel periodo successivo al Concilio di Trento. Nel corso del volume, l’autrice si concentra principalmente su tre sante vive spagnole vissute tra la seconda metà del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento, la cui vita e devozione furono principalmente modellate sul paradigma di Caterina da Siena: la francescana Juana de la Cruz (1481-1534), i cui sermoni e la cui vita furono raccolti dalle consorelle del beaterio; la “girolamita” Maria de Ajofrin (1455?- 1489), vissuta anch’essa in un beaterio, e la cui vita fu scritta dal confessore; e la domenicana Maria de Santo Domingo (1486?-1524), autrice di due testi che contengono rivelazioni e omelie.

L’analisi proposta da Sanmartin Bastida si caratterizza di un taglio indubbiamente originale e fortemente interdisciplinare. L’autrice, infatti, spiega di non essere una storica dell’arte, ma piuttosto una letterata e filologa interessata all’arte e alle immagini. Il libro quindi intesse un fitto dialogo con una grande varietà di metodologie e di autori, quali, ad esempio, gli studi sulle sante vive italiane e spagnole di Zarri, Bartolomei Romagnoli, Mary Giles e Pablo Acosta-Garcia, quelli di storici che hanno indagato il rapporto tra visionarie e arte, come Chiara Frugoni e Jeffrey Hamburger, gli studi di Caroline Bynum sul rapporto tra le concezioni di genere e la religiosità medievale, i cultural studies che si sono occupati della cultura visuale, spaziale e materiale come William Mitchell, Jerome Baschet, e Doreen Massey, fino ad etnografi come Franco Faeta e a filosofi e intellettuali come Michel de Certeau e Marcel Proust. L’autrice, in particolare, inquadra il proprio approccio nell’ambito dei “performative studies”, in quanto si propone di ricontestualizzare la pietà (cito) “in termini di azioni interrelate connesse alla cultura materiale e visiva della cristianità medievale, per mettere in luce l’importanza della performance nella religiosità femminile” (p. 10). È un libro ad alta densità concettuale che va necessariamente letto con le note, che sono molto ricche non solo di rimandi bibliografici, ma anche di importanti riferimenti concettuali e indicazioni storiche.

Per esaminare il rapporto tra queste visionarie e le immagini l’autrice ci conduce in un contesto culturale molto diverso dal nostro, ossia in un periodo che è stato definito “dell’arte prima dell’arte”. Nella cultura medievale, infatti, l’opera non era valutata in base a criteri estetici, il nome dell’artista non aveva importanza, e in definitiva l’arte non era riproduzione del soggetto, ma, prima di tutto, permetteva la comunicazione del fedele con l’aldilà. Riallacciandosi ai visual cultural studies, l’autrice sottolinea come la funzione dell’arte non fosse solo quella didattica, ossia di insegnare ai laici delle verità di fede e promuovere devozioni specifiche, perché tale funzione era svolta soprattutto dalle scene narrative, e non tanto dall’icona devozionale (p. 41). Le immagini, infatti, servivano anche a incentivare la meditazione, a commuovere, consolare, proteggere, tenere compagnia, accompagnare la preghiera e la penitenza, e, soprattutto, a comunicare con il divino fino a stimolare l’estasi. L’immagine, quindi, non era solo un veicolo di un messaggio trasmesso dall’alto, ma un oggetto “vivo” dotato di vita propria e separato dal soggetto rappresentato, e a cui si riconosceva un’efficacia una volta calato nelle pratiche sociali. Come afferma l’autrice, se spostiamo l’attenzione dall’intenzione dell’autore alla fruizione di chi riceveva l’immagine, alla sua percezione e interpretazione, il rapporto tra il fedele e l’immagine diviene una relazione dinamica, dove i consumatori diventano produttori. Studiando tale interazione in rapporto alle sante vive, Sanmartin Bastida mostra come, interagendo attivamente con le immagini, le visionarie acquisirono autorità, funzioni sacerdotali e, in definitiva, lo status di sante.

Nell’indagare il contesto della cultura religiosa medievale, l’autrice sottolinea come a partire dal XIII secolo il mondo celeste si andasse umanizzando e avvicinando ai suoi fedeli, come è testimoniato dalla nuova proliferazione di icone e sculture come la crocifissione, l’Ecce Homo, la Veronica e la vergine che allatta, immagini in cui venivano enfatizzate l’umanità di Cristo, l’infanzia, la sofferenza e le emozioni (p. 86). In tale contesto le visioni diventarono un fenomeno soprattutto femminile: ma mentre le mistiche del Nord Europa erano mosse soprattutto dall’eucarestia, quelle del Sud erano particolarmente sollecitate dalle immagini, e in particolare da quelle di Cristo, che stimolavano nelle donne la ripetizione della Passione sui loro corpi (p. 48). Gli uomini, invece, non solo tendevano a meditare a partire dai libri, ma spesso criticavano la devozione delle donne per le immagini, perché temevano che tale relazione desse vita a interpretazioni che differivano da quanto insegnato dalla Chiesa (p. 59).

L’autrice mostra come le visionarie si relazionassero alle immagini dando vita a delle performance teatrali davanti a un’audience, che includevano gesti, canto, suoni, danza, e in cui esse erano attrici e spettatrici delle loro stesse visioni (pp. 61-62). Riallacciandosi alla teoria dell’intromissione che si affermò dal XIII secolo, secondo la quale l’immagine manda dei raggi che vengono recepiti dall’occhio, l’autrice afferma che nella visione, le immagini prendevano vita e avevano una volontà (p. 71). Così anche le immagini partecipavano attivamente alla performance, osservando, muovendosi, reagendo, e condividendo con la santa emozioni, lacrime, sofferenza, gioia e carismi. Se nelle rivelazioni la donna vedeva qualcosa che gli altri non vedevano, attraverso i gesti e le parole, la santa coinvolgeva l’audience riattivando una memoria condivisa e l’insegnamento della storia sacra. Pertanto, si trattava di uno sguardo che non scopriva cose nuove o affermava verità eterodosse, ma al contrario, seguiva un credo ortodosso e normativo che andava incontro alle aspettative dell’audience (p. 76). In tale processo, inoltre, l’audience veniva portata in un luogo in parte differente da quello condiviso. Lo spazio del convento in cui era presente l’immagine veniva trasformato in uno luogo sacro in cui le donne e le immagini mettevano in moto l’azione performativa. E se nel luogo della visione la santa veniva sacralizzata, allora questo luogo si può vedere come uno spazio liminale in cui avveniva una sorta di rito di passaggio che legittimava la santità della visionaria davanti alla comunità (p. 104). Inoltre, l’autrice mostra come anche la voce giocasse un ruolo importante nel sacralizzare lo spazio. Se l’audience non poteva sentire ciò che sentiva la santa, quest’ultima riproduceva la voce del divino facendo parlare l’immagine, agendo una sorta di ventriloquio (p. 113). In tal modo la santa attribuiva all’immagine un’aura che la rendeva valida, come se fosse stata consacrata dal prete, acquisendo a sua volta autorità sacerdotale (pp. 142-143).

Sanmartin Bastida sottolinea anche come dall’XI-XII secolo emergesse una certa interscambiabilità tra reliquie, immagini e santi: i dipinti e le sculture cominciarono ad acquisire il potere delle reliquie; i santi potevano vedersi come corpi curativi, come se fossero reliquie; e le reliquie potevano diventare immagini (p. 184). In tale contesto le visionarie potevano trasformarsi in immagini viventi e acquistare lo status di reliquie ed essere adorate come tali, mentre i loro oggetti acquisivano la capacità di operare miracoli (come nel caso del crocifisso di Juana, che fece resuscitare una bambina morta) (pp. 180-181).

Nell’ultimo capitolo l’autrice afferma che l’importanza delle immagini per le sante vive spagnole si può spiegare con la dimensione multiculturale della società in cui vivevano. Infatti, erano state le stesse autorità spagnole ad aver sostenuto il culto delle immagini, prima in contrapposizione agli ebrei e ai musulmani, e poi alla corrente mistica degli Alumbrados e ai Protestanti, tutti gruppi che ne negavano il valore spirituale. Quindi, se le sante ricavarono un accrescimento della propria autorevolezza attraverso le immagini, ciò non significa che si opponessero all’ortodossia della Chiesa. Infatti, donne come Juana de la Cruz e Maria de Santo Domingo non solo sostennero le riforme di Cisneros, ma insistettero sulle immagini proprio per rendere legittima e ortodossa la loro autorità, che spesso era considerata sospetta (p. 193).

Infine, l’autrice analizza la relazione tra visionarie e immagini dopo il Concilio di Trento. Esaminando le cronache dei conventi e le agiografie composte dopo il Concilio, nota come il rapporto con le immagini fu sottoposto a significativi cambiamenti. Se è vero che le monache continuarono a riverire le immagini, il miracolo era vissuto dalla santa in maniera più passiva e le entità attive erano le immagini. Dopo Trento si assiste anche ad un aumento delle visioni rurali, che non erano ricevute da sante carismatiche, ma da pastorelle che avevano esperienze visionarie isolate, subite passivamente e che non conferivano loro autorità. Inoltre, prendendo in considerazione alcune sante dopo Trento, l’autrice mostra come la relazione con le immagini fosse meno rilevante: Teresa d’Avila, ad esempio, considerava le immagini soltanto come un primo passo verso la vera unione con il divino, e sosteneva che bisognasse abbandonarle una volta realizzata tale unione (pp. 197-198). Teresa, infatti, concepiva le immagini come delle rappresentazioni del soggetto, distinguendo tra vero Cristo e le sue immagini, e pertanto trattava le immagini come morte, e non vive (pp. 202-203). L’autrice nota come anche in altre sante l’interazione con le immagini ricorresse meno frequentemente, producesse meno miracoli, avvenisse senza un pubblico, e fosse più discorsiva, dando più spazio all’introspezione, riconducendo tale cambiamento alla maggiore acculturazione e alla nuova concezione della contemplazione dopo Santa Teresa (p. 219).

L’autrice, quindi, conclude il volume chiarendo come nel caso delle sante spagnole l’arte non fu tanto uno strumento attraverso cui la Chiesa controllava le donne, ma un campo in cui esercitare l’autorità e far crescere le estasi e le trance. Le donne visionarie ottennero la validazione della propria santità non solo grazie alla protezione dall’alto, ma soprattutto tramite le immagini in un processo di legittimazione reciproca e uno scambio di poteri. Se le immagini guardavano le sante e facevano fare loro dei gesti e mettere in scena delle performance, le sante si appropriavano del ruolo sacerdotale autorizzando le immagini a muoversi, a circolare e a diventare oggetti di devozione, e, al contempo, identificandosi con le immagini, finivano per diventare icone esse stesse.

Vorrei concludere con un paio di osservazioni, cui qui accenno soltanto ma che possiamo riprendere nella discussione: i cambiamenti avvenuti nel rapporto tra le sante e le immagini dopo Trento potrebbero spiegarsi non soltanto in termini di risposta alle critiche Protestanti o per via della volontà di controllo da parte degli uomini di Chiesa, ma anche in connessione a un cambiamento culturale profondo. Va detto, cioè, che gradualmente, a partire dal XV secolo, nei movimenti dell’Osservanza, della Devotio Moderna e dell’Umanesimo, prese piede un nuovo ideale di perfezione e di rapporto col divino che criticava la venerazione delle immagini, il culto delle reliquie e tendenzialmente ogni forma di devozione esteriore. Era un modello che invece privilegiava l’interiorità: ossia identificava la perfezione con il combattimento contro i vizi quali la superbia, l’ira e l’avarizia, e considerava la purificazione interiore come presupposto necessario all’unione mistica. Tale modello si affermò definitivamente nel XVI secolo e non si ritrova soltanto nelle concezioni spirituali degli Alumbrados o di Lutero, ma anche negli scritti di diversi personaggi in ambito cattolico, quali i fondatori dei Gesuiti e dei Barnabiti, Ignazio di Loyola e Battista da Crema. Del resto, esiste anche una genealogia di sante mistiche che, a partire dal XV secolo, promosse questo modello: da Caterina Vigri, a Caterina Fieschi, ad Angela Merici, a Paola Antonia Negri, a Battistina Vernazza.

Infine, ci si potrebbe chiedere quale fosse il rapporto con le immagini da parte degli uomini visionari: un esempio ci potrebbe venire da un dipinto del bresciano Vincenzo Foppa della seconda metà del Quattrocento (nella chiesa di S. Eustorgio a Milano) riferito a un miracolo compiuto dal domenicano Pietro Rosini, noto come S. Pietro Martire, vissuto nel XIII secolo. Una leggenda del XIV secolo racconta come questi, dicendo messa, vide il maligno in un dipinto della Madonna col bambino, presente nella chiesa. Pietro, con l’ostia che stava consacrando, riuscì a scacciare il diavolo e, a testimonianza del suo intervento, nel dipinto rimasero le corna sulla testa sia di Maria sia di Gesù. Ciò potrebbe suggerire che, nell’interazione visionaria maschile con delle immagini che prendono vita, possa entrare in gioco un elemento che le sante non potevano far valere, ossia il potere risultante dall’amministrazione dei sacramenti.

2. JORNADAS

2.1. Jornada Internacional Ausiàs March: poesia i traducció Presentació del Projecte “Edició Sinòptica de les poesies d’Ausiàs March”

Presentació del Projecte “Edició Sinòptica de les poesies d’Ausiàs March”

Llúcia Martín Pascual1

El passat 1 de març de 2024 es va celebrar a la Universitat d’Alacant, en format online, la Jornada Internacional Ausiàs March: poesia i traducció. L’objectiu fonamental de la jornada va ser la presentació del projecte Edició sinòptica de les poesies d’Ausiàs March, desenvolupat per un grup de recerca interdisciplinari format per investigadors de la Universitat d’Alacant: Llúcia Martín (IP), Rafael Alemany (IP2), Francesc Llorca, Ramon Baldaquí, Rosanna Cantavella de la Universitat de València i Adolfo Hilario de la Universitat Politècnica de València-Campus d’Alcoi, amb la col·laboració de la Unitat de Digitalització de la Universitat d’Alacant i la Biblioteca Virtual Miguel de Cervantes.

Tanmateix, la jornada no va ser exclusiva sobre la presentació del projecte esmentat, sinó que es va organitzar amb la intenció de donar cabuda a altres investigadors i investigadores que duen a terme projectes afins, centrats en l’estudi de la poesia medieval des de diferents perspectives: edició crítica, filologia material, humanitats digitals, traducció i recuperació de textos. Hi van participar Isabella Tomasseti, de la Università di Roma “La Sapienza” amb una ponència titulada, “Filología de autor y poesía: el proyecto La tradizione del testo letterario in area iberica nel secolo d’Oro fra varianti d’autore e redazioni plurime”. A continuació Adriana Camprubí de la Universitat de Barcelona va presentar el projecte “Women and Medieval Song: reptes i perspectives”, del qual és investigadora principal Mertixell Simó, directora de l’Institut de Recerca en Cultures Medievals d’aquesta Universitat. El tercer participant va ser Josep Lluís Martos de la Universitat d’Alacant amb una intervenció titulada “Poesia, ecdòtica i impremta”, fruit dels seus treballs d’investigació al si del projecte “Cancioneros Impresos y Manuscritos”,. La següent participant, Marta Marfany de la Universitat Pompeu Fabra va presentar el projecte “Dante traduït: recepció i traduccions de la Commedia (s. xv-xix)”,, del qual és investigadora principal. La darrera de les intervencions va ser a càrrec de Marta Materni, professora de la Università de la Tuscia, Viterbo, que va centrar la seua intervenció titulada “Sfide nel processo di creazione dell’app latex2tei per le conversioni del progetto Edició sinòptica d’Ausiàs March”, en explicar el procés informatitzat que ella mateixa ha creat per desenvolupar una aplicació i adequar-la als textos derivats del projecte d’edició sinòptica.

Les diferents intervencions donen compte del panorama d’estudis en poesia medieval que actualment són objecte de diferents projectes d’investigació i, que per tant, representen les aportacions més reeixides en aquest camp d’estudi. Uns treballs que combinen la filologia amb les tècniques desenvolupades per les Humanitats Digitals, però també se centren en aspectes més concrets de la transmissió textual amb estudis molt detinguts sobre les variants d’autor o d’editor, la disposició del text en incunables i impresos amb detallades descripcions o bé la difusió d’un autor paradigmàtic de l’Edat Mitjana a través de les traduccions de què va ser objecte al llarg del temps fins arribar a l’actualitat.

La segona part de la Jornada es va dedicar a la presentació dels resultats del projecte d’investigació Edició sinòptica de les poesies d’Ausiàs March, un treball que va començar a gestar-se en l’any 2010 quan el grup d’investigació va obtenir finançament de l’anterior Ministerio d’Economia i Competitivitat per transcriure paleogràficament els testimonis manuscrits de la poesia d’Ausiàs March i així incrementar els recursos i aprofundir en l’estudi de la poesia de l’autor valencià amb la construcció d’una pàgina web allotjada en la Biblioteca Virtual Miguel de Cervantes. Posteriorment el 2014 s’obtingué novament finançament per a un projecte coordinat amb la Universitat Jaume I de Castelló de la Plana, per continuar amb les transcripcions dels testimonis poètics, ara els impresos del segle XVI, i d’aquesta manera començar a elaborar una primera fase de l’edició sinòptica. El 2019 es va consolidar el projecte, ara amb un finançament del Ministerio de Ciencia e Innovación i del Fondo Europeo de Desarrollo Regional on s’han incorporat les traduccions a l’espanyol de la poesia de March del segle XVI i així obtenir el més completa possible l’edició sinòptica de les poesies.

En la sessió de presentació els diferents membres del projecte van explicar el funcionament del formulari que compila l’edició sinòptica allotjat als servidors de la Biblioteca Virtual, la creació del codi automatitzat i els algoritmes que ho fan possible, així com també les característiques dels textos resultants i el posterior etiquetatge per a ser visualitzats en entorns diferents. L’edició sinòptica, a més, es revela com un important instrument a l’hora de fer estudis sobre variants textuals, transmissió i interpretació que han realitzat els diferents impressors de l’obra marquiana. També és important per conéixer l’evolució lingüística dels diferents testimonis, ja que observem com algunes formes antigues van substituint-se en les edicions del segle XVI per mots més adequats al context i al moment. Finalment, l’edició sinòptica permet estudiar detingudament les diferents interpretacions dels traductors i la filiació amb els possibles originals que van utilitzar.

Arribats en aquest punt és el moment de sotmetre a la comunitat científica els resultats d’un projecte finançat amb fons públics i l’obligació de retornar a la societat els fruits del treball d’investigació perquè se’n valore la utilitat, així com també oferir els recursos tècnics desenvolupats en codi obert per a futurs treballs que ho requerisquen.

Invitem els investigadors, les investigadores i el públic interessat a consultar el web del projecte: https://www.cervantesvirtual.com/portales/ausias_march/ i enviar els suggeriments que creguen oportuns.

2.2. Seminari “Dones i espiritualitat. Visions interdisciplinàries”

Mª Àngels Herrero1

Els dies 28 i 29 de febrer de 2024 es va celebrar a l’Aula Magna de la Facultat de Filosofia i Lletres de la Universitat d’Alacant el seminari “Dones i espiritualitat. Visions interdisciplinàries”, dirigit per les professores Mª Ángeles Herrero i M. Àngels Llorca, membres del grup d’investigació “Explanat: recerques de llengua i literatura catalanes (EXPLANAT)” de la mateixa universitat. El seminari va ser organitzat conjuntament pel Departament de Filologia Catalana i per l’Àrea de Filologia Francesa del Departament de Filologies Integrades, amb la col·laboració de l’Institut Universitari d’Investigació d’Estudis de Gènere, de l’Institut Interuniversitari de Filologia Valenciana i de la Facultat de Filosofia i Lletres de la Universitat d’Alacant.

El seminari estava destinat a les investigadores i els investigadors sobre el tema i, especialment, a l’alumnat de la Facultat de Filosofia i Lletres de la Universitat d’Alacant, més en particular, al de les assignatures “Literatura catalana moderna” i “Moviments principals de la literatura i la cultura francesa I”. Amb un marcat caràcter interdisciplinari, l’esdeveniment responia a l’objectiu principal d’analitzar l’espiritualitat femenina des de la perspectiva de gènere. I al mateix temps, donar a conèixer figures espirituals femenines del període medieval i el pas a l’edat moderna, analitzar l’obra literària d’algunes autores medievals i modernes, descobrir la recepció a través de la música feta per dones de l’obra d’Isabel de Villena, difondre algunes figures espirituals femenines del període medieval a través de les versions cinematogràfiques i mostrar exemples de sororitat a través de l’estudi de les vides de santes.

La inauguració del seminari va comptar amb la presència d’Eduard Baile, director del Departament de Filologia Catalana, i de Carles Cortés, director de l’Institut Interuniversitari de Filologia Valenciana de la Seu de la Universitat d’Alacant, i durant els dos dies de celebració van participar-hi diverses especialistes. Per una banda, la professora de la Universitat Catòlica de València sant Vicent Màrtir i directora de l’IVEMIR-UCV, Anna Isabel Peirats, va realitzar la ponència “La Vita Christi d’Isabel de Villena: una obra ‘feminista’ al segle XV?” i la presentació del llibre del qual és editora, Protagonistes i autores en l’occident europeu de la Baixa Edat Mitjana (Tirant Humanidades, 2024). Per una altra banda, les professores de la Universitat d’Alacant com la codirectora del seminari, M. Àngels Llorca, qui va parlar sobre la figura de Jeanne d’Arc a través del cinema; la catedràtica del Departament de Filologia Catalana, Marinela Garcia Sempere, va mostrar exemples de “Dones i sororitat; sobre algunes vides de santes en la Legenda aurea”; i la doctora M. Ángeles Herrero va dur a terme la presentació del volum Les vides de sants en la tradició romànica i en la cultura medieval moderna, María de los Ángeles Herrero (ed.), número 1 de la col·lecció “Folia Germà Colón” de l’IIFV, 2023. Va cloure l’esdeveniment la soprano, llicenciada en Filologia Hispànica per la Universitat de València i component de Piacere dei Traversi, Carmen Botella, sobre els contrapunts musicals a la Vita Christi d’Isabel de Villena. El seminari va tindre una nombrosa assistència d’alumnat i de professorat de la Facultat de Filosofia i Lletres de la Universitat d’Alacant.

2.3. Semana de la Ciencia, Valencia - 6-7 novembre 2023 (IVEMIR-UCV) El legado de la Palabra y la Devoción en Textos Europeos Tardomediavales Presentación de la Enciclopedia Francescana

El legado de la Palabra y la Devoción en Textos Europeos Tardomediavales Presentación de la Enciclopedia Francescana

Alfonso Marini1

La Enciclopedia Francescana es el último proyecto del Istituto de la Enci-clopedia Italiana, coincidiendo con el centenario del Instituto (1925 – 2025) y los centenarios de la vida de Francisco de Asís.

El Istituto de la Enciclopedia Italiana es una importante institución cultu-ral, nacida en el período nacionalista, pero con amplia autonomía científica. El Instituto produjo la Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti, de 1929 a 1937, en treinta y cinco volúmenes, y varias otras publicaciones. El más importante, al menos para nosotros los historiadores, es el Dizionario biografico degli Italiani, publicado a partir del año 1961 al 2020, en cien tomos. Enciclopedias particulares son la Enciclopedia Dantesca en seis volúmenes (1970 - 1978); la Enciclopedia dei Papi en tres volúmenes, publicada con motivo del gran jubileo del año 2000. Después en 2014 se publicó una nueva edición ampliada al papa Francisco (Los Papas. De Pedro a Francisco); la Enciclopedia Machiavelliana en tres tomos (2014).

En el año 2026 se cumple el octavo centenario de la muerte de Francisco de Asís. El séptimo centenario, del 1926, tuvo grandes celebraciones, con el reacomodo de la cripta con la tumba de san Francisco y también de la ciudad de Asís y la participación de unas setenta naciones, en un ambiente nacionalista (“el más santo de los italianos”).

El octavo centenario se amplió con la celebración de varios acontecimientos en la vida de San Francisco: en 2019 el centenario del encuentro con el sultán Malik al-Khamil. En ese año (del tres al cinco de febrero) se celebró en Abu Dhabi el “Encuentro interreligioso sobre la fraternidad humana” entre el papa Francisco y el gran imán de al-Azhar, con el "Documento sobre la fraternidad humana para la paz mundial y la convivencia común" del papa.

En 1223 se recordó la aprobación de la Regla de los Frailes Menores (la “Regula bullata”, 29 noviembre) y la Navidad de Greccio, cuando Francisco organizó una celebración nocturna a la que tradicionalmente se refiere como el “presepe” (nacimiento del belén). En 2024 el centenario de los estigmas, en 2025 el del Cántico de las Criaturas, en 2026 la muerte de Francisco, en 2028 su canonización.

Como ya he comentado, la publicación de la Enciclopedia Francescana, está prevista para el verano de 2025, en dos volúmenes, con más de 750 voces, confiadas tanto a conocidos estudiosos del franciscanismo y de la Edad Media como a jóvenes emergentes. El comité directivo está formado por Attilio Bartoli Langeli, Sofia Boesch, Isabelle Heullant-Donat, Alberto Melloni, André Vauchez, Gabriella Zarri.

La obra está organizada en varias secciones, que no aparecerán en la edición, en las que las voces se suceden por orden alfabético. Las secciones abarcan desde Francisco en vida hasta la época contemporánea, y se tiene en cuenta todo lo que se ha producido en relación a San Francisco de Asís: sus obras, fuentes hagiográficas, biografías, estudios, historiografía, iconografía, obras literarias, teatrales, cinematográficas, musicales e influencias en la filosofía. La entrada sobre el Papa Francisco está a cargo de Alberto Melloni. Hay dos coordinadores científicos; las cinco secciones tienen cada una un editor especializado, que controla las entradas recibidas y las revisa. Alfonso Marini es el editor de la sección sobre la vida de san Francisco.

La Enciclopedia Franciscana es una obra que nació de un instituto especí-ficamente italiano, pero debería ser útil a todos los estudiosos, no solo a los ita-lianos. También está dirigido a una audiencia más amplia de lectores. El legado de la palabra está en el ámbito cercano a San Francisco de Asís, que es muy próximo a la Palabra (con inicial mayúscula) y dejó muchas palabras profundas y hermosas, de fe y poesía, como su Cántico de las Criaturas.

3. RESEÑA DE LIBRO

Protagonistes i autores en l’occident europeu de la Baixa Edat Mitjana (Ed. Anna Peirats), Tirant Humanidades, 2023

Aida Ferri12

El libro titulado Protagonistes i autores en l’occident europeu de la Baixa Edat Mitjana, ha sido editado por Anna Peirats y publicado por Tirant Humanidades en el 2023. Se trata de un volumen compuesto por siete capítulos escritos por diversos autores de distintas disciplinas. Es precisamente este enfoque interdisciplinar el principal rasgo definitorio del volumen, dado que las contribuciones, a pesar de tratar una temática común, se abordan desde la literatura, la historia y la historia del arte.

El primer capítulo, escrito por Rafael Alemany Ferrer, ofrece un análisis comparativo de la biografía y la obra de las religiosas Teresa de Cartagena e Isabel de Villena. Así, el autor examina las circunstancias personales y sociales que influyeron en las vidas y trabajos de estas escritoras, destacando cómo su condición femenina y su necesidad de empatizar con el público femenino determinaron la relevancia de las mujeres como personajes y la perspectiva filógina presente en sus textos. Igualmente, se explora la dimensión didáctica y comunicativa de sus obras, que incluye el uso de estrategias pragmáticas para optimizar la eficacia del discurso teológico novelado.

Anna Peirats, por su parte, examina detalladamente cómo Isabel de Villena emplea la alegoría como una herramienta estética en su Vita Christi para enriquecer la experiencia de meditación y contemplación espiritual. De esta forma, se resalta la influencia significativa de la devotio moderna en la difusión de la palabra de Cristo en Europa, especialmente a través de manuales de meditación traducidos a diversas lenguas. Tras esta introducción, Peirats se centra en la obra de Isabel de Villena, en el estilo afectivo y piadoso, diseñado para conmover, inspirar la imaginación y fomentar la reflexión, más allá de interpretaciones feministas.

El tercer estudio, de Vicent Josep Escartí, aborda de manera detallada la presencia e influencia de Isabel de Villena en la Edad Moderna. Así, se subraya la relevancia de su obra principal, la Vita Christi, y su impacto a lo largo de los siglos. Del mismo modo, se destaca la importancia de las diversas ediciones y estudios realizados, así como las correcciones e interpretaciones que se hicieron a lo largo del tiempo. Es inestimable en este asunto, como bien presenta el autor, la figura de Hipólito de Samper.

En el cuarto capítulo, Francesc Granell analiza la presencia de Violante de Hungría, esposa de Jaime I, en un desaparecido icono de la Virgen María custodiado en la Catedral de Valencia. A lo largo del texto se pone de relieve la figura de la monarca, su relación con su esposo y con el Reino de Valencia, que permite acercarse al motivo por el cual se representó la reina en la imagen mariana.

Miguel Navarro trata la relación entre el Patriarca Juan de Ribera y Margarita Agulló, dado que el primero fue director espiritual de la segunda. Por ello, el autor pone de relieve el interés del arzobispo Ribera por los fenómenos extraordinarios experimentados por Agulló y la vigilancia que puso sobre ella, asegurándose de la veracidad de sus éxtasis. Por último, se analiza la producción escrita de Margarita Agulló desde una perspectiva histórica para afianzar la relación e influjo del Patriarca.

El sexto capítulo, de Simone Sari, versa sobre el culto de las llamadas hermanas de María, María de Cleofás y María Salomé, y el culto que surgió en torno a ellas durante los siglos XIV y XV en Italia, Francia y España. Para ello, se apoya en diversos textos literarios medievales en los que aparecen estas figuras y el rol desempeñado en torno a la vida de Cristo y la Virgen. El estudio destaca la relevancia del culto a las hermanas de María en distintos contextos históricos y geográficos que demuestra su interés en la tradición cristiana y su influencia en la devoción popular y la literatura religiosa de la época.

Por último, Beatriz de Ancos profundiza en la figura de Santa Teresa de Jesús como escritora y en la importancia de rescatar la labor de mujeres silenciadas en la historia. Se enfatiza la voluntad de la santa por otorgar importancia a los personajes femeninos en sus escritos, y resalta la relevancia de las mujeres en sus trabajos de reforma monástica. Del mismo modo, se aborda también la relación de Santa Teresa con otras mujeres, como su madre y su hermana, y destaca la relevancia de las relaciones femeninas en su vida y obra.

Como se ha podido comprobar, Protagonistes i autores en l’occident europeu de la Baixa Edat Mitjana presenta un sólido estudio que pone el foco de atención en los personajes femeninos durante el otoño de la Edad Media. Sus múltiples perspectivas a la hora de acercarse a estas protagonistas y autoras suponen un claro ejemplo del uso de metodologías interdisciplinares.

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1 Università di Roma “Tor Vergata”, Via Columbia 1, 00133 Roma. ORCID: 0000-0002-6895-6469. Mail: silvia.nocentini@uniroma2.it

2 Testo letto alla presentazione del libro di Rebeca Sanmartín Bastida, Staging Authority. Spanish Visionary Women and Images (1450-1550), Alessandria 2023. La presentazione si è svolta presso la biblioteca della Fondazione Besso, a Roma, il 13 febbraio 2024.

3 Alessandra Bartolomei Romagnoli, Corpo sacro. Scrittura ed esperienza mistica tra medioevo ed età moderna, Spoleto 2022, pp. 3-24.

4 Gabriella Zarri, Le sante vive. Cultura e religiosità femminile nella prima età moderna, Torino, 1990; Sante vive in Europa (secoli XV-XVI) / Santas vivas en Europa (siglos XV-XVI), cur. Alessandra Bartolomei Romagnoli, Roma 2020 (= Archivio italiano per la storia della pietà, n. XXXIII).

5 Per quanto riguarda Caterina da Siena è interessante la scelta delle opere tradotte: non il Dialogo, ovverosia il trattato mistico che la stessa Caterina intendeva come sua eredità spirituale, ma l’Epistolario, una raccolta di lettere fatta dai suoi discepoli e mai intesa dall’autrice come opera organica. Cisneros fece inoltre tradurre anche la Vita di Caterina.

6 Consultabile all’indirizzo: https://visionarias.es/en/

7 Statua lignea policroma conservata a Barcelona, nel Museu nacional d’art de Catalunya.

8 Università degli Studi di Teramo (Dipartimento di Scienze della Comunicazione), via Renato Balzarini 1 64100 Teramo. ORCID: 0000-0002-2764-5357. Email: qmazzonis@unite.it

9 Universitat d’Alacant. Departament de Filologia Catalana. Carretera Sant Vicent del Raspeig s/n, 03690 Sant Vicent del Raspeig – Alacant. ORCID: 0000-0003-0188-7726. Email: llucia.martin@ua.es. Treball realitzat en el marc del projecte d'investigació “Edición sinópica de las poesías de Ausiàs March II” PID2019-105857GB-100 (convocatoria 2019, IP1 Llúcia Martín IP2 Rafael Alemany).

10 Universitat d’Alacant. Correspondència: Universitat d’Alacant, Departament de Filologia Catalana, Facultat de Filosofia i Lletres. Apartat de correus, 99, 03080 Alacant. Membre col·laboradora de l’IVEMIR (Institut Isabel de Villena d’Estudis Medievals i Renaixentistes) de la Universidad Católica de Valencia San Vicente Mártir, i membre investigadora de l’Institut Universitari d’Investigació d’Estudis de Gènere (IUIEG) de la Universitat d’Alacant. ORCID: 0000-0003-4782-7403. Mail: mangels.herrero@ua.es.

11 Università di Roma La Sapienza. Via Camillo Pilotto 95, 00139 Roma, Italia. ORCID: 0000-0001-9507-1095. Mail: alfonso.marini@uniroma1.it

12 Personal Técnico de apoyo a la investigación del IVEMIR-UCV. Doctoranda de la Escuela de Doctorado de la Universidad Católica de Valencia San Vicente Mártir. ORCID: 0009-0006-6985-8808. Mail: aida.ferri@ucv.es Sede de San Carlos, calle Quevedo, 2, 46001,Valencia.