DOPO LA QUESTIONE FRANCESCANA? FONTI E STORIOGRAFIA SU FRANCESCO D’ASSISI
AFTER THE FRANCISCAN QUESTION? SOURCES AND HISTORIOGRAPHY ON FRANCIS OF ASSISI
Alfonso Marini1
Fechas de recepción y aceptación: 27 de febrero de 2023 y 27 de septiembre de 2023
DOI: https://doi.org/10.46583/specula_2024.8.1105
Riasunto: L’articolo presenta considerazioni sulla questione francescana, nata col Sabatier, ritenendo che non sia del tutto superata dalla storiografia, ma che restino alcune questioni francescane. Si parte dalla considerazione che sono ancora validi due punti metodologici di Sabatier: l’utilizzo degli scritti di Francesco come pietra di paragone delle fonti biografiche e la considerazione che tutte le fonti sono di parte e che risultano più pericolose sul piano storico quelle che nascondono la loro parzialità. Con l’aggiunta di un terzo punto che deriva dalle scoperte del Sabatier, sviluppate con quella di Delorme della Legenda antiqua Perusina/Compilatio Assisiensis, che cioè le testimonianze dei compagni sono fondamentali, anche se le ultime ricerche mostrano che va attenuata la contrapposizione tra le fonti poiché esse sono intrecciate tra loro.
Restano alcuni blocchi problematici, alcune questioni francescane sulle quali non vi è uniformità fra gli storici. 1. La gerarchia delle fonti. 2. Le letture riduttive della rilevanza storica di Francesco, sia nel senso che lui non poteva fuoriuscire dagli schemi del suo tempo, sia nel senso che le sue immagini sono prodotte dalla cultura e dalle ideologie dei diversi periodi storici. 3. Continuità o cesura tra Francesco e l’Ordine dei Minori. 4 Rapporto di Francesco con i movimenti popolari. 5. Suo rapporto col papa e la gerarchia ecclesiastica. 6. Estensione della sua predicazione di pace nella cristianità anche agli “infedeli”.
Parole chiave: Questione francescana, Metodologia, Fonti, Francesco d’Assisi, Problemi
Abstract: The article presents considerations on the Franciscan question, born with Sabatier, believing that it is not completely overcome by historiography, but that some Franciscan questions remain. The author starts from the consideration that two methodological points of Sabatier are still valid: the use of the writings of Francis as a touchstone of the biographical sources and the consideration that all sources are biased and those that hide their bias are more dangerous on a historical level. With the addition of a third point that derives from the discoveries of Sabatier, developed with that of Delorme of the Legenda antiqua Perusina/Compilatio Assisiensis, that is, that the testimonies of the companions are fundamental, even if the latest research shows that the contraposition between the sources must be attenuated since they are intertwined with each other. Some problematic blocks remain some Franciscan questions on which there is no uniformity among historians. 1. The hierarchy of sources. 2. The reductive readings of Francis' historical relevance, both in the sense that he could not escape the mould of his time, and in the sense that his images are produced by the culture and ideologies of the different historical periods. 3. Continuity or caesura between Francis and the Order of Minors. 4 Francis' relationship with popular movements. 5. His relationship with the pope and the ecclesiastical hierarchy. 6. Extension of his preaching of peace in Christianity also to the "infidels".
Keyword: Franciscan question, Methodology, Sources, Francis of Assisi, Problems
Francesco d’Assisi ebbe una grande considerazione della parola. Innanzitutto della Parola di Dio, che fu guida alle scelte di povertà, umiltà, semplicità della sua fraternitas, ad iniziare dalla triplice apertura del vangelo che verso il 1208 fece con Bernardo e Pietro Cattani; egli nel Testamento (n. 14) scrive: “Postquam Dominus dedit mihi de fratribus, ipse Altissimus revelavit mihi quod deberem vivere secundun formam sancti Evangeli”, secondo il modello del Vangelo, Parola di Dio (Francesco, 2009, p. 396).
Ma Francesco ebbe grande considerazione anche delle parole umane, come mezzo di comunicazione, di contatto, di dialogo; la sua scelta evangelica comportò non soltanto la povertà, ma anche la predicazione, motivo per cui con i primi compagni si recò a Roma dal papa Innocenzo III nel 1209 per ottenere il permesso di predicare. La parola detta, che lui portò dall’Italia alla Spagna all’Oltremare cristiano e musulmano, e la parola scritta, cui lui si dedicò negli ultimi anni della vita, quando le malattie gli resero difficoltoso andare in giro a predicare. Scrisse dunque lettere ai frati, ai chierici, ai fedeli, ad populorum rectores (Francesco, 2009, pp. 140-220), a singole persone, ad esempio a un ministro (Francesco, 2009, pp. 164-166) e al suo caro frate Leone, al quale dedicò due biglietti che conserviamo autografi (Francesco, 2009, pp. 116, 158). La mole dei suoi scritti non è grande, ma il numero sì, oltre trenta, e altri continuano a essere scoperti, o almeno se ne discute l’autenticità (Francesco, 2018; Horowski, 2022). Non è poco per uno che si definiva simplex et idiota, insomma un illetterato che sapeva leggere e scrivere con una calligrafia elementare di base, che conosceva la letteratura cortese in lingua volgare, che apprese e perfezionò un poco il latino grazie soprattutto alla pratica liturgica, ma che non aveva condotto studi superiori e teologici (Marini, 2019). Un illetterato che infine scrisse anche in volgare umbro, lasciando il primo testo con valore poetico della letteratura italiana, il Cantico di frate Sole (Francesco, 2009, pp. 121-123).
Tuttavia non parlerò in particolare degli scritti di frate Francesco, bensì delle fonti sulla sua vita, interrogandomi sulla questione francescana.
1. LA QUESTIONE FRANCESCANA
La question franciscaine è nata con la pubblicazione della Vie de Saint François d’Assise di Paul Sabatier nel 1894 (Sabatier, 1894). Oggi siamo arrivati a un suo superamento? Questa è la domanda.
Gli storici si sono spesso confrontati con la questione francescana; il primo convegno della rinata Società Internazionale di Studi Francescani, tenutosi ad Assisi nel 1973, fu proprio La “questione francescana” dal Sabatier a oggi (1974). Su problemi simili si svolse a Firenze nel 1990 il convegno Gli studi francescani dal dopoguerra ad oggi (Gli studi francescani, 1993), Edith Pásztor vi svolse una relazione dal titolo La questione francescana (Pásztor, 1993) e Adriano Gattucci tornò su una delle principali fonti agiografiche, nota oggi come Compilatio Assisiensis (Gattucci, 1993). Nel 1996 Jacques Dalarun affrontò la questione delle fonti con La malavventura di Francesco d’Assisi (Dalarun, 1996); nel 2000 una raccolta di studi di Edith Pásztor promossa dalla Società Internazionale di Studi Francescani ebbe il titolo di Francesco d’Assisi e la “questione francescana” (Pásztor, 2000); nel 2007 Dalarun ricostruendo la Leggenda umbra affermò che si andava Vers une résolution de la question franciscaine (Dalarun, 2007), prima che nel 2013 scoprisse un manoscritto proprio con la sua leggenda ricostruita, una nuova vita di Francesco di Tommaso da Celano (la terza), a tutti sconosciuta, di cui nel 2015 diede l’edizione (Dalarun, 2015); nel 2013 Felice Accrocca ha pubblicato un grosso volume sulle fonti biografiche di san Francesco, Un santo di carta (Accrocca, 2013), con l’introduzione significativamente intitolata Dalla contrapposizione all’integrazione. E assai recentemente Daniele Solvi, ancora con la Società Internazionale di Studi Francescani, ha pubblicato una sua raccolta di studi e recensioni che dal titolo sembra indicare la difficoltà di ridurre tutto a integrazione, Rotundis quadrata mutare. Questioni francescane dalle origini ai Fioretti (Solvi, 2022): dalla questione francescana alle questioni francescane.
2. LA QUESTIONE DELLE FONTI
La questione francescana riguarda le fonti, il loro uso, la loro interpretazione. Si tratta di privilegiare alcune fonti rispetto ad altre, cioè di fare una gerarchia delle fonti, oppure di metterle tutte sullo stesso piano.
Sabatier espresse una netta preferenza per le fonti non ufficiali e una forte sottovalutazione dell’opera di Tommaso da Celano, ritenuto biografo ufficiale per le sue agiografie commissionate dal papa Gregorio IX, nel 1229 la Vita beati Francisci (Thomas de Celano, Vita prima), e dal ministro generale dell’Ordine dei Minori Crescenzio da Jesi nel 1247, il Memoriale in desiderio animae (Thomas de Celano, Vita secunda; Memoriale). Egli considerò la Vita beati Francisci come esaltazione di Gregorio IX e di frate Elia, che era stato ministro generale fino al 1227. Cercò prima e dopo la pubblicazione della sua biografia la fonte risalente ai compagni di Francesco, in particolare frate Leone, che riteneva fosse la più antica. Per la sua biografia si servì di brani contrassegnati dalla sottoscrizione nos qui cum illo fuimuis, individuati all’interno di una vasta e disomogenea compilazione a stampa del Cinquecento, lo Speculum vitae beati Francisci (Speculum vitae, 1504). Fu un azzardo, ma la sua intuizione sull’importanza e l’autenticità di questi brani fu confermata dalle successive scoperte.
La biografia e la metodologia del Sabatier furono causa di scontri storiografici, legati spesso a impostazioni ideologiche e confessionali. Sabatier era pastore calvinista, allievo di Ernest Renan, e ciò accentuò la reazione cattolica verso il suo Francesco non compreso e normalizzato dall’istituzione ecclesiastica, dal papato, e in definitiva sconfitto o deluso nella realizzazione del suo ideale evangelico. Tuttavia vi furono storici cattolici che seguirono la strada del Sabatier, anche perché il passaggio tra XIX e XX secolo vide la nascita del modernismo.
Ma la novità del Sabatier non si limitò all’individuazione delle testimonianze dei compagni, perché prima di esse lo storico francese sosteneva che si debbano utilizzare gli scritti di Francesco: non solo per quanto rivelano di lui, ma soprattutto perché essi sono come una pietra di paragone delle fonti biografiche, le quali ottengono un maggiore o minore grado di attendibilità in base alla loro minore o maggiore distanza da come il santo appare nei suoi scritti.
Altro criterio metodologico seguito dal Sabatier – che mantiene una sua validità, anche al di là delle fonti francescane - è la considerazione che tutte le fonti sono di parte e che risultano più pericolose sul piano storico quelle che nascondono la loro parzialità sotto un’apparente neutralità, quelle la cui tendenza “se dissimule habilement”2. Oggetto di questa critica era innanzitutto la Legenda maior di Bonaventura, che da secoli era la biografia-base di Francesco (Bonaventura, Legenda maior). Mentre quelle la cui tendenza è evidente possono risultare utili, proprio perché si possono analizzare criticamente, cosa che portò il Sabatier a considerare anche l’Historia septem tribulationum di Angelo Clareno, scritta attorno al 1330 (Angeli Clareni, 1999).
Limitando l’analisi alle biografie3, una risposta venne nel 1907 dal San Francesco d’Assisi del danese Johannes Joergensen (1866-1956)4, che nel 1896, a trent’anni, si era convertito al cattolicesimo; non fu una risposta “ufficiale”, ma legata all’animo e all’esperienza spirituale dello Joergensen: il suo Francesco era un uomo in pace interiore, diverso da quello inquieto del Sabatier. Ma il solco tracciato dal Sabatier era decisivo, il discorso sulle fonti era ineludibile e Joergensen le analizzò nell’ampia introduzione di un centinaio di pagine, iniziando dagli scritti di Francesco e in particolare dal Testamento, ma attento a non sminuire l’importanza di Tommaso da Celano.
Tra le tante biografie di Francesco pubblicate nel Novecento va ricordata quella di Buonaiuti (1925), presenza importante della cultura italiana, sacerdote (1881-1946), esponente del modernismo - a causa del quale subì persecuzione e condanne -, dal 1916 docente di Storia del cristianesimo all’Università degli Studi di Roma (oggi Sapienza).
Nel 1924 il S. Uffizio lo scomunicò e pose all'Indice le sue opere. Con i Patti Lateranensi del 1929 tra lo stato italiano (col governo fascista) e la S. Sede, entrò in vigore la norma in base alla quale non potevano avere incarichi di insegnamento in Italia coloro che avessero subìto provvedimenti da parte ecclesiastica. Poco dopo, nel novembre 1931, ai professori universitari fu richiesto il giuramento di fedeltà al regime fascista. Buonaiuti rifiutò e quindi venne definitivamente espulso dall’Università. Nel 1944 vennero poste all'Indice le sue numerose opere scritte dopo il 1924. Morì il 20 aprile 1946.
Il suo Francesco d’Assisi fu pubblicato nel 1925, a ridosso del settimo centenario della morte di Francesco (1226), per il quale ci furono grandi celebrazioni. Buonaiuti si pone in continuità con Sabatier, poiché ritenne che la proposta evangelica di Francesco fosse quasi annullata nell’apparato di un Ordine religioso; in più, vide nel santo l’attuazione delle teorie millenaristiche di Gioacchino da Fiore, grande oggetto dei suoi studi.
Ma la discussione, anche accesa, si sviluppò ben al di fuori delle biografie. Sul valore delle differenti fonti, soprattutto sulla contrapposizione tra fonti ufficiali e non ufficiali, il dibattito storiografico è durato a lungo, e forse i suoi strascichi non sono del tutto conclusi. Ridotta all’osso, la contrapposizione verteva tra Tommaso da Celano da una parte e le testimonianze dei compagni dall’altra.
Si è visto come Sabatier considerasse Tommaso da Celano un autore troppo “ufficiale”, legato ai suoi committenti sia per la Vita beati Francisci (Vita prima), sia per il Memoriale in desiderio animae. Tommaso invece – per il medesimo motivo - era considerato molto bene dagli storici delle famiglie francescane.
Le contrapposizioni furono però utili all’avanzamento della ricerca e delle conoscenze. Soprattutto – dato l’oggetto del contendere - si sviluppò un grande lavoro di ricerca e di ritrovamento di fonti.
La difesa delle fonti biografiche ufficiali, in particolare di Tommaso da Celano, fu fatta dal frate Minore Michael Bihl (1878 –1950), del Collegio S. Bonaventura di Quaracchi. Dal 1926 al 1941 il numero X degli Analecta Franciscana pubblicò le fonti ufficiali per la vita di san Francesco, legendae e ufficio liturgico, da Tommaso a Giuliano da Spira, a Bonaventura. In realtà non solo le opere ufficiali, poiché vi ebbero spazio la Legenda versificata di Henri d’Avranches, chierico, non frate, e varie opere minori di provenienza non minoritica.
Lo stesso Sabatier nel 1898 trovò e pubblicò lo Speculum perfectionis (Speculum perfectionis 1898; nuova ed. Daniele Solvi, Anonimo della Porziuncola 2006) e nel 1902 gli Actus beati Francisci et sociorum eius (Actus beati Francisci, 1902; 1988 nuova ed.. Cambell, 1988) dai quali derivano I fioretti di san Francesco (Fonti francescane, 2011, pp. 1131-1231).
Nel 1922 Ferdinand Delorme scoprì nel ms. 1046 della Biblioteca Comunale Augusta di Perugia una nuova opera che chiamò Leggenda antica (Delorme, 1922 e 1926), che poi ebbe varie edizioni e differenti denominazioni: Leggenda antica perugina, Leggenda perugina, Fiori dei tre compagni (Cambell 1967, Scripta Leonis 1970), Compilazione di Assisi (Compilatio Assisiensis, 1975, 1992). Il manoscritto è del 1310, ma i brani risalgono al 1246, poiché si tratta delle testimonianze inviate in quell’anno al ministro generale dell’Ordine, Crescenzio da Jesi, da compagni di Francesco che pongono una specie di firma ai loro racconti, quel “nos qui cum illo fuimus” (“noi che fummo con lui”) che Sabatier aveva già individuato nello Speculum vitae e nello Speculum perfectionis.
La scoperta del Delorme non solo fu importante in sé, ma confermò le intuizioni di Sabatier. Questi aveva creduto di trovare nello Speculum perfectionis la più antica biografia di san Francesco, opera di frate Leone, e in base a un manoscritto la datò al 1227; in effetti la data è del 1318, ma l’errore filologico non fu un errore storico, poiché lo Speculum perfectionis riportava i brani della Leggenda del Delorme con modifiche minime. Insomma, dall’azzardo della Vie de saint François d’Assise del 1894, per il quale Sabatier utilizzò brani individuati in una compilazione del secolo XVI, allo Speculum perfectionis, col quale questi brani scendevano al 1318, si era passati agli stessi brani in forma di poco dissimile in un manoscritto del 1310 che ben potevano essere le testimonianze inviate dai compagni nel 1246. Al di là delle contrapposizioni, ciò si manifestava sempre più evidente, finché la prova si ebbe con Raoul Manselli, che nel 1980 (quasi 60 anni dopo Delorme) dimostrò con un raffronto serrato che Tommaso da Celano nel Memoriale del 1247 aveva utilizzato gran parte di questi brani, che quindi lui stesso aveva considerato fonte attendibile e preziosa (Manselli, Nos, 1980).
Manselli pensava che dopo decenni la storiografia dovesse uscire fuori dal cerchio magico del Sabatier e cercò di farlo con i suoi numerosi studi, tra cui la sua biografia San Francesco d’Assisi del 1980 (Manselli, San Francesco 1980 e 2002). Ma anche con un convegno su Tommaso da Celano tenutosi nel 1982 e pubblicato nel 1985, un anno dopo la sua morte (Tommaso da Celano, 1985). Tuttavia, al di là di quanto sostenesse lui stesso, vi era un suo significativo rapporto con Sabatier. Infatti Manselli nella sua biografia di Francesco utilizzò primariamente gli scritti del santo, soprattutto il Testamento, poi la Legenda Perusina/Compilatio Assisiensis, cioè le testimonianze dei compagni, e la Legenda trium sociorum, opera di un assisano con preparazione notarile, forse un frate (Desbonnets, 1974).
Però, diversamente dal Sabatier, Manselli non vedeva in Francesco uno sconfitto, nonostante amarezze per i frati che si allontanavano dai valori costitutivi della fraternitas e per il fastidio che alcuni di loro mostravano verso di lui. Inoltre per Manselli nel santo non c’era una decisa contrapposizione con la gerarchia ecclesiastica, ma la presenza di una duplice realtà, quella spirituale/carismatica e quella istituzionale/giuridica, una distinzione “tra norma e slancio” (Manselli, San Francesco, 2002, p. 351). Francesco era uomo dello slancio, non aveva mentalità giuridica, ma si rese conto di dover dare alla fraternitas la regolarizzazione giuridica chiesta dalla gerarchia ecclesiastica. Con le dimissioni del 1220 egli pose due realtà alla guida dei Minori: la guida spirituale/esemplare sarebbe stato lui, quella giuridica (Ministro generale) Pietro Cattani poi, dopo la morte di costui, Elia. Una doppia realtà che avrebbe dovuto avere una continuità dopo la morte di Francesco: il ruolo esemplare sarebbe andato a Bernardo, il suo primo compagno, Elia invece avrebbe mantenuto il ruolo giuridico. Lo stesso binario, infine, con due scritti: la Regola del 1223 come testo giuridico, il Testamento come testo che trasmette la sua esperienza e i suoi valori, “recordatio, admonitio, exhortatio…, ut regulam, quam Domino promisimus, melius catholice observemus” (Francesco, 2009, p. 402).
3. LO STATO ATTUALE DELLA QUESTIONE
Mi sono dilungato sulla questione francescana, omettendo di parlare di storici importanti, primo fra tutti Giovanni Miccoli5. Tra le fonti, non ho accennato al De inceptione ordinis Minorum (1979) e alla Legenda trium sociorum, anch’esse non ufficiali, composte la prima, come si ritiene, attorno al 1240, la seconda – almeno il suo nucleo – nel 1246, anche questa in risposta all’invito di Crescenzio da Jesi.
Quale oggi lo stato della questione? La lezione metodologica del Sabatier resta valida nell’impostazione di fondo e non a caso nel 2009 la sua Vie de saint François ha avuto una nuova edizione italiana per iniziativa della Società Internazionale di Studi Francescani (Sabatier, 2009) e nel 2015 un’altra edizione da Castelvecchi di Roma (Sabatier, 2015).
Credo che si possa affermare che – a parte alcune voci di critica al Manselli – i brani della Legenda antiqua Perusina/Compilatio Assisiensis, cioè le testimonianze dei compagni, siano ritenuti fondamentali. Altro risultato della ricerca è che nessuno parte più dalla biografia scritta da Bonaventura da Bagnoregio nel 1262, la Legenda maior.
Tuttavia l’affinamento della critica ha portato ad attenuare la contrapposizione tra le fonti non ufficiali e l’opera di Tommaso da Celano, evidenziando il fatto che queste fonti sono intrecciate tra loro. La Legenda trium sociorum, scritta da un assisano che conosce bene la situazione anche politica della sua città nonché la storia di Francesco, riprende brani del De inceptione, (L’anonyme de Perouse, 1979), scritto da un frate Minore vicino ai compagni di Francesco6, ma anche della Vita prima di Tommaso. La recente scoperta della Vita brevior pone ulteriormente la Legenda trium sociorum in connessione con l’opera di Tommaso. Il quale, a sua volta, nel Memoriale riprende notizie e brani da questa legenda assisana e abbondantemente dalle testimonianze dei nos qui cum illo fuimus: davvero testimonianze, poiché questo soggetto collettivo si accompagna al predicato testimonium perhibemus. Non solo: Raimondo Michetti (2004) ha mostrato che Tommaso da Celano nella Vita beati Francisci non è in contrapposizione con gli ideali minoritici di Francesco e che quindi non è molto lontano dalla proposta dei suoi compagni, cosa che è apparsa ancora più evidente nella Vita brevior, ove si accentua la sottolineatura della povertà nella vita del santo (Dalarun, 2015).
Ma davvero questa interconnessione delle fonti risolve la questione francescana? Non rimane, attenuata e meno accesa, nel dibattito se fare o non fare una gerarchia delle fonti? Ovviamente alle fonti citate si può aggiungere almeno la Vita sancti Francisci del frate Minore “parigino” Giuliano da Spira della metà degli anni Trenta del Duecento (Iulianus, Vita).
4. CONCLUSIONI
Credo quindi che, se non la questione francescana, restino le questioni francescane evocate da Daniele Solvi. Restano, cioè alcuni blocchi tematici e problematici, come appare da una delle ultime biografie di Francesco, quella di Mercuri (2016), che getta un sasso tornando a parlare di “storia negata”, nella quale gli scritti dei compagni fanno la parte del leone e vengono ripresi alcuni contenuti più estremi della tradizione sabatieriana. D’altronde è evidente che il Francesco di Frugoni (1993, 1995, 2011) ha aspetti diversi da quello di Cardini (1989).
Si tratta quindi di domande che ancora ci sono davanti, perché sulle risposte i pareri non sono sempre concordanti. Indico le principali.
1 - Si può fare una gerarchia delle fonti, privilegiandone alcune? Tommaso da Celano - come sottolinea Raimondo Michetti - è un sincero frate Minore se non della prima, della seconda generazione (ancora non impegnata negli studi universitari, nella cura fidelium, nella clericalizzazione o sacerdotalizzazione, come suggerisce Merlo (2003, p. 150); tuttavia, letterato e teologo prima di entrare tra i Minori, manifesta una mentalità formata alla tradizione ecclesiastica che su alcune cose non gli permette di capire a fondo scelte e ideali di Francesco, come appare dal confronto tra alcuni brani dei compagni e la loro trasposizione nel Memoriale. Rinvio al Nos qui cu meo fuimus di Manselli, ma ricordo anche un esempio che ho già presentato: la conversione di Giovanni il Semplice è narrata dai compagni e ripresa da Tommaso nel Memoriale. Il Celanese condanna l’avidità della famiglia di Giovanni, la quale piange la perdita delle braccia del figlio per il lavoro dei campi ma ancor di più quella del bue che lui intende dare ai poveri; Francesco invece secondo la Compilatio Assisiensis “capisce che la famiglia di Giovanni è estremamente povera e … fa consegnare il bue a loro “in quanto poveri”“. Il fatto è che per Tommaso “la povertà volontaria è più meritoria di quella di nascita, che anzi per la mentalità ecclesiastica è passibile di sospetto se non di condanna”, mentre Francesco “non pensava affatto che la povertà volontaria dei frati fosse più meritoria di quella della povera gente, anzi si riteneva privilegiato proprio perché la sua era una scelta” (Marini, 2019, pp. 20-23; Todeschini, 2007).
In questo caso, come in altri, le testimonianze dei compagni si mostrano più vicine agli scritti di Francesco, quindi vanno privilegiate, senza pensare che in esse ci sia tutta la verità.
L’altro esempio classico è quello dello scontro tra il padre e Francesco: nella Vita del 1229 Tommaso riferisce solo della contesa davanti al vescovo di Assisi (Thomas, Vita prima, 13-15, pp. 13-15), mentre la Legenda trium sociorum, assisana, racconta che Pietro di Bernardone denunciò il figlio innanzitutto ai consoli, cioè alle autorità civili, laiche, del Comune di Assisi; questi si dichiararono non competenti, in quanto Francesco era già considereato un penitente e quindi rientrava nella giurisdizione ecclesiastica (Desbonnets, 1974, pp. 103-105). Qui non si tratta di impostazione mentale di Tommaso, ma di sua non conoscenza delle dinamiche comunali, dato che era suddito del regno di Sicilia.
Ritengo quindi che, per una corretta metodologia, una gerarchia delle fonti vada fatta: scritti di Francesco, testimonianze dei compagni e Legenda trium sociorum, prima di Tommaso da Celano, che pure rientra tra le fonti principali e segue immediatamente dopo. Ci sono poi fonti di estrema importanza, che pure vanno messe ai primi posti, come le lettere di Jacques de Vitry del 1216 e del 1220 (Lettres, 1960, Iacopi, 2000) e alcuni documenti pontifici.
2 - Ci sono posizioni storiografiche riduttive della figura di Francesco e della sua rilevanza storica, tendenti a ridimensionare la sua originalità di proposte, azioni, spiritualità. Ad es. c’è chi sostiene che il santo non poteva fuoriuscire dagli schemi mentali e giuridici del suo tempo, non poteva non accettare tutte le decisioni e le imprese papali a causa della sua fedeltà alla Chiesa, con ciò negando la novità profonda della sua proposta religiosa. In maniera più subdola la riduttività viene di fatto proposta da quanti si soffermano sulle sue diverse immagini nei vari periodi storici (solo in parte Vauchez 2009), immagini prodotte dalla cultura, dalla mentalità, dalle ideologie degli uomini dei diversi tempi. Alla fine Francesco diviene un fantasma senza originalità e consistenza, da un lato succube del suo tempo da cui non poteva emanciparsi, dall’altro succube di immagini falsificanti prodotte dai posteri; fare di Francesco solo un “mito” – o una serie di miti – significa offuscarne la figura e la portata storica reale, quale può ricavarsi da un costante e a volte duro lavoro sulle fonti.
Non a caso quanti, in particolare per il XX secolo, sostengono che Francesco sia stato sopravvalutato e fanno di lui un mito pacifista, un mito ecologico, un mito ecumenico, non ricordano mai la enorme portata della scoperta di fonti fatta nel Novecento, continuata nel secolo XXI con la Vita brevior e con nuovi scritti di Francesco. Insomma, è bene studiare la storia contemporanea, ma un medievista dovrebbe studiare prima la storia medievale e le sue fonti.
Ciò non significa ignorare le tante Fake news che girano su Francesco, soprattutto nel web, evidenziate in particolare da Solvi (2019, pp. 165-189; Marini, 2021).
3 - Tra Francesco e l’Ordine religioso che ne derivò c’è assoluta continuità? Senza ricorrere a Sabatier, Grado Merlo parla di metamorfosi dell’Ordine Merlo (2003, pp. 57, 135, 153). Anche per Vauchez “i Minori hanno offuscato il messaggio lasciato dal loro “fondatore”“ per cui c’è “la necessità… di distinguere Francesco d’Assisi dal francescanesimo istituzionale e culturale” (Vauchez, 2009, pp. 360-361). Siamo tutti d’accordo?
4 - Quale il rapporto di Francesco con i movimenti popolari se non con quelli ereticali?
5 - Quale il rapporto di Francesco col papa e la gerarchia ecclesiastica? (Marini, 2016).
6 - La sua predicazione di pace nella cristianità si estese anche agli “infedeli”?
7 - E quindi come si pose Francesco verso la crociata, che era impresa papale? Vorrei notare che i dubbi sull’atteggiamento pacifico e dialogante di Francesco sono stati posti nella seconda metà del Novecento da parte di storici non francescanisti, perché tra i francescanisti non c’erano dubbi sulla sua vocazione universalmente pacifica. Cardini nasce come storico delle crociate e solo successivamente approda al francescanesimo (Cardini, 1971, 2021; Cardini-Musarra , 2019); Tolan (2009) è uno storico dell’Islam; solo Michetti (2005), che ha preso una posizione negazionista alcuni anni fa, è studioso di francescanesimo, alunno di Edith Pásztor (Marini, 2022).
Queste e altre possibili domande si può porre oggi lo storico dell’uomo, del frate - del frater, fratello -, del santo di Assisi, il che mostra la vitalità e la impossibile riduttività di Francesco e la sopravvivenza, se non della questione francescana, delle questioni francescane.
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1 Università di Roma La Sapienza. Via Camillo Pilotto 95, 00139 Roma, Italia. ORCID: https://orcid.org/0000-0001-9507-1095. Mail: alfonso.marini@uniroma1.it.
2 “Les documents qu’il faut le plus tenir en quarantaine ne sont pas ceux dont la tendence est manifeste, ce sont ceux où elle se dissimule habilement” (Sabatier, 1894, p. CVII).
3 Rimando a Marini, Le biografie di Francesco d’Assisi dopo Sabatier, Assisi, Cittadella, in corso di stampa.
5 Fondamentale Miccoli, 1991, ma si veda anche Una storiografia inattuale? (2005).
6 Così ritiene la maggioranza degli storici, io ho qualche dubbio sulla precedenza di una legenda sull’altra.